
Quel milione di euro (non virtuale) buttato al macero
A fine 2024 gli italiani che detengono valute virtuali sono 1.609.898 per un ammontare complessivo di oltre 2,6 miliardi di euro e un valore medio di 1.634 euro a persona. Solo nell’ultimo trimestre i soggetti che hanno deciso di fare una scommessa sulle criptovalute sono aumentati di oltre 110mila unità (+7%). È quanto emerge dai flussi trimestrali inviati dagli operatori iscritti nella sezione speciale del Registro dei cambiavalute tenuto dall’Organismo Agenti e Mediatori (Oam). Un registro dove è possibile verificare – ancora per poco – i nomi e i cognomi di tutti gli scommettitori e le singole posizioni aperte.
Da luglio 2022 gli operatori autorizzati devono infatti trasmettere all’Oam con cadenza trimestrale i dati relativi all’ordinante e al beneficiario di ogni operazione in cripto, al fine di garantirne la tracciabilità e l’individuazione di eventuali operazioni sospette. Un obbligo che da inizio 2025 non è più previsto.
Il nuovo regolamento europeo Mica sulle cripto attività, in vigore da inizio anno, ha affidato la vigilanza su questi asset speculativi a Banca d’Italia e Consob, ma non prevede più l’invio dei dati sugli scambi gestiti dagli exchange ad alcuna autorità, come previsto finora dalle norme nazionali. Di conseguenza si butta via un patrimonio informativo che ha permesso fin qui, di analizzare i comportamenti degli italiani sulle cripto e ha costituito un unico e utile punto di accesso alle autorità competenti per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.
Solo nell’ultimo anno l’Oam ha ricevuto 35 richieste di estrazione dati sull’operatività dei clienti degli operatori in valute virtuali, di cui 25 pervenute da Guardia di Finanza, 5 da Carabinieri, 4 da Banca d’Italia (Uif) e 1 dalla Polizia di Stato. E l’Agenzia delle Entrate, che ad oggi non è tra i soggetti che possono presentare richiesta di accesso ai dati, secondo quanto risulta a Plus24 stava bussando a diverse porte per poter rientrare nel perimetro delle amministrazioni autorizzate. Un tentativo di far modificare le norme che ormai non ha più motivo di essere portato avanti, con la dismissione del registro Oam. Un’impalcatura informatica che è costata più di un milione di euro, coperti in parte dai contributi versati dai prestatori di servizi di valuta virtuale (Vasp) in sede di iscrizione all’Oam.
Eppure non sarebbe stato ulteriormente dispendioso prevedere ancora l’obbligo di trasmissione dei dati sull’operatività dei clienti da parte degli operatori. Quest’ultimi devono comunque tracciare e detenere tali informazioni, anche in virtù del recente Regolamento Ue 2025/416 pubblicato il 14 marzo e che entrerà in vigore il prossimo 3 aprile.
Fonte: Il Sole 24 Ore