
Questo premio, un chiodo per la mia carriera
Che uomo è Ferdinando nel momento in cui viene ricoverato in manicomio?
Si tratta di un uomo che per anni ha costretto dentro di sé il dolore e la delusione, provati tanto nel suo esercizio di medico, quanto nella sua attività di politico, senatore militante nella sinistra liberale. Lo scontro con le iniquità della Storia e con le invidie del mondo medico e accademico pesò su questa anima sensibile. Sembra proprio che ci sia qualcosa che si spezzi dentro di lui.
A proposito delle delusioni professionali, nel romanzo si racconta che Palasciano si era opposto alla creazione di un ospedale in cui il reparto delle malattie infettive sarebbe stato accanto a quello delle puerpere, quindi con il rischio di infezioni gravissime. Per questo subì ritorsioni, come lo smantellamento della sua sala operatoria. C’era un meccanismo di abuso di potere?
Assolutamente sì, sono giochi dichiaratamente politici e di grande grande invidia perché si trattava di un medico straordinario, la cui fama non era solo italiana, ma europea. Lui aveva curato i nemici in battaglia, non esisteva ancora la convenzione di Ginevra, era stato un precursore. Nel momento in cui viene internato uno dei medici, un amico, gli dice che deve restare giusto il tempo necessario per indagare il dolore. Ecco, ho trovato questa frase molto efficace perché dà l’idea di una possibilità di guarigione, di uscita dal disastro emotivo e mentale in cui si trova.
Fonte: Il Sole 24 Ore