
Rallenta il crowdinvesting italiano, raccolta ancora in calo del 14%
Continua a contrarsi il mercato del crowdinvesting. Finiti gli anni del boom, negli ultimi 12 mesi – da luglio 2024 a giugno 2025 e con maggiore evidenza a partire da gennaio – si è registrato un nuovo calo del 14%. Il segno negativo caratterizza quasi tutti i comparti e si aggiunge alla flessione (-5,3%) dell’anno precedente. La raccolta è stata pari a 260,65 milioni di euro, cifra che porta il valore cumulato totale da quando esiste il crowdinvesting in Italia a circa 1,57 miliardi di euro. Le piattaforme autorizzate però sono in aumento: a giugno ne risultavano 42 (cifra che è seconda solo alla Francia nell’Unione Europea) contro le 33 del 2024, segno che ci si sta adeguando al nuovo iter autorizzativo europeo, ormai entrato a regime. Sono le principali evidenze del decimo Report italiano sul Crowdinvesting, realizzato dall’Osservatorio omonimo della School of Management del Politecnico di Milano. «A dieci anni dall’avvio delle prime piattaforme siamo in un momento di difficoltà nel mercato nazionale degli investimenti finanziari veicolati con le piattaforme di crowdfunding, senza che all’orizzonte si intraveda un recupero – conferma Giancarlo Giudici, Direttore dell’Osservatorio -. Le ragioni sono tante: l’aumento dei tassi di interesse, l’incertezza sui mercati globali che ha spinto a privilegiare asset class molto liquide e meno rischiose, la nuova regolamentazione ECSP che ha determinato una ‘selezione’ nel numero di piattaforme autorizzate e per alcuni player uno stop forzato alla raccolta, forse anche una certa delusione per investimenti che non hanno dato i risultati sperati. Ma non basta per spiegare il fenomeno»
L’universo
L’Osservatorio Crowdinvesting studia quel sottoinsieme del crowdfunding che permette a persone fisiche e a investitori istituzionali e professionali di aderire direttamente, attraverso una piattaforma Internet abilitante, a un appello per raccogliere risorse destinate a un progetto imprenditoriale, concedendo un prestito (lending-based model) oppure sottoscrivendo quote del capitale di rischio della società (equity-based model). Pur senza dimenticare altre forme di crowdfunding, il crowdinvesting è un’opportunità interessante sia per gli imprenditori che intendono finanziare le proprie attività, sia per gli investitori a caccia di rendimenti e di opportunità di diversificazione del portafoglio.
I portali autorizzati
Secondo il Regolamento europeo ECSP (European Crowdfunding Service Providers) relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, al 30 giugno 2025 risultavano autorizzate 42 piattaforme in Italia, più una italiana autorizzata in Spagna, contro le 33 censite l’anno precedente, una cifra che pone l’Italia al secondo posto in Europa dopo la Francia (61 portali).
L’equity crowdfunding
Negli ultimi 12 mesi le campagne equity hanno raccolto sul mercato 110,95 milioni di euro, valore praticamente invariato rispetto al periodo precedente, portando la raccolta totale di capitale di rischio cumulata a 792,93 milioni di euro. Hanno recuperato terreno i progetti immobiliari (+32%) mentre continuano a soffrire i progetti non immobiliari (-19%). Le nuove campagne di raccolta di capitale di rischio sono state 160, stabili rispetto allo scorso anno e con un tasso di successo tendenziale che si mantiene alto (88%). Sale l’incidenza dei progetti immobiliari, che raggiunge la percentuale record del 30,6%. Il valore medio del target di raccolta per i progetti non immobiliari negli ultimi 6 mesi è stato pari a 207.133 euro, quello dei progetti immobiliari è pari a 1.112.955 euro. Mediamente per i progetti non immobiliari viene offerto in cambio l’8,77% del capitale e si conferma la prassi di proporre titoli senza diritto di voto sotto una certa soglia di investimento (e votanti sopra la soglia), mentre nelle campagne immobiliari, sempre più numerose, prevale l’offerta di quote non votanti.
La presenza geografica
A livello geografico, continua a tenere banco la Lombardia (565 imprese, 40,8%) seguita da Emilia-Romagna (158, 11,4%), Lazio (117, 10,1%), Piemonte (96) e Veneto (84), mentre al Sud la Campania è prima con 41 emittenti (3%). Anche se si guardano gli ultimi 12 mesi e le 141 nuove emittenti, il podio è lo stesso – Lombardia con 50 imprese (35,7%), Emilia-Romagna con 26 (18,6%), Lazio con 24 (17,1%) – ma il Mezzogiorno è praticamente assente, con solo 2 casi in Puglia e 1 in Molise. Quanto ai settori, i più rappresentati continuano ad essere i servizi di informazione e comunicazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore