Referendum giustizia, cosa dicono i sondaggi sull’orientamento degli italiani
Se si votasse oggi per il referendum costituzionale sulla riforma della giustizia prevarrebbero i sì. E’ quanto emerge dagli ultimi sondaggi effettuati. In base al più recente, realizzato da Izi, azienda di analisi e valutazioni economiche e politiche, la maggioranza degli elettori (il 57,8%) ammette di non sapere di cosa si tratta, mentre il 70,9% degli elettori, tra coloro che sono più informati, sono favorevoli alla legge ed il 21,9% contrari. Gli elettori di governo sono plebiscitari nella risposta , il 99% vuole la riforma della magistratura, mentre gli elettori di opposizione la rifiutano (81,6% elettori Pd e Avs e 79,4% M5S dicono di no).
Meno marcata la vittoria dei sì secondo un altro sondaggio realizzato un paio di settimane prima del via libera definitivo della riforma dall’Istituto Noto per il programma televisivo “Porta a Porta”. Il 57% degli italiani confermerebbe la riforma. Il 22% sarebbe contrario, il restante 21% sarebbe indeciso (“non saprei”). Quanto alla partecipazione, il 60% degli italiani dichiara che andrà a votare, mentre il 23% non si recherà alle urne. C’è poi una percentuale del 17% di indecisi.
Al voto tra marzo e aprile 2026
Mancano cinque o sei mesi al referendum («si terrà tra marzo e aprile 2026» ha detto il Guardasigilli Carlo Nordio) con cui gli italiani decideranno se approvare la riforma della Giustizia, che ha appena avuto il via libera definitivo dal Parlamento. Nel frattempo una serie di tappe precedono la chiamata alle urne per i cittadini. Il referendum cosiddetto “costituzionale”, diverso da quello “abrogativo”, è innanzitutto una consultazione con la quale si acconsente o meno ad operazioni – già approvate dal Parlamento – di revisione, integrazione o modifica della Costituzione. Trattandosi di una legge di rango costituzionale, per evitare il referendum ed essere direttamente approvata in Parlamento, la riforma avrebbe invece dovuto ottenere la maggioranza dei due terzi dei componenti delle due Camere, nelle seconde deliberazioni. A chiedere ora la consultazione popolare potranno essere cinque Consigli regionali, un quinto dei membri di ciascuna delle due Camere o cinquecentomila elettori.
Lunedì parte la raccolta delle firme della maggioranza
Intanto i parlamentari di maggioranza si sono già attivati per la richiesta del referendum e dalla prossima settimana partirà la raccolta delle firme: per i deputati servono in tutto 80 firme, 41 al Senato. L’ufficio centrale per il referendum, presso la Cassazione verificherà poi la regolarità e il numero delle firme. Successivamente la la Corte Costituzionale verificherà se la legge può essere oggetto di referendum. La formulazione del quesito, il cui testo nella sostanza sarà quello della legge oggetto della consultazione, dovrà essere stabilita dalla Corte costituzionale. I magistrati costituzionalisti hanno il compito di valutare un quesito secondo i parametri di chiarezza, omogeneità e comprensibilità per i votanti.
Il quesito
Con la domanda verrà chiesto all’elettore se intende confermare o respingere la legge costituzionale sottoposta a referendum, attraverso le uniche due opzioni possibili: ’Sì’ o ’No’. Dopo aver superato il vaglio di questa serie di condizioni, spetterà infine al presidente della Repubblica indire il referendum. Alle urne gli elettori decideranno se confermare o meno la riforma e, a differenza del referendum ’abrogativo’, non servirà alcun quorum di partecipazione. La legge si riterrà approvata se riceve la maggioranza dei voti validamente espressi.
Fonte: Il Sole 24 Ore