Referendum giustizia: quanti comitati? Cade il governo se vincono i no? Cinque domande e risposte sul voto
E’ iniziato ufficialmente il conto alla rovescia per il referendum sulla riforma della giustizia (separazione delle carriere dei magistrati e doppio Csm). I capigruppo alla Camera e al Senato di FdI, Lega, FI e Noi Moderati hanno depositato in Cassazione le firme raccolte fra i deputati e senatori di maggioranza per richiederlo. Lo stesso si accingono a fare le opposizioni a Montecitorio e Palazzo Madama. I giudici della Corte hanno un mese per verificare la legittimità della richiesta e passare la palla al Presidente della Repubblica che, su proposta del consiglio dei ministri, stabilirà la data della consultazione. Per il referendum confermativo non è previsto quorum della metà più uno dei votanti ed è quindi valido a prescindere dall’affluenza alle urne.
Quando sarà indetto il referendum sulla giustizia?
In base a quanto riferito dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, l’obiettivo del governo è indire il referendum tra marzo e aprile 2026
Cade il governo se vincono i no?
E’ indubbio che la maggioranza punti sull’investitura popolare di una delle sue riforme simbolo. L’opposizione invece mira alla bocciatura del quesito per assestare un colpo duro al centrodestra. La premier Giorgia Meloni, però, non è intenzionata a legare le sorti dell’esecutivo all’esito della consultazione. «Se il referendum dovesse bocciare la riforma – ha avvertito il sottosegretario Alfredo Mantovano , braccio destro della premier – continueremo il nostro lavoro tranquillamente». «Se la riforma non venisse approvata resterei sicuramente deluso, ma non metterei in difficoltà il governo con le mie dimissioni. Come ha detto la premier , e come insisto io, questo referendum non ha e non deve avere un significato politico ’Meloni sì- Meloni no’. In caso di sconfitta non cambierebbe nulla, salvo ovviamente il mio rammarico personale» ha aggiunto dal canto suo il ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Su quale quesito si voterà?
C’è ancora un margine minimo di incertezza. Il titolo della legge risulta poco indicativo del contenuto della riforma su cui l’elettore sarà chiamato a esprimersi. La maggioranza auspica quindi una modifica. Non a caso, mentre il quesito di Montecitorio ricalca pedissequamente il titolo della legge costituzionale – «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare» – quello del Senato lo menziona aggiungendo che il Ddl è «concernente la separazione delle carriere fra pubblico ministero e giudice, la costituzione della Corte disciplinare per i magistrati, e la formazione mediante sorteggio dei Consigli superiori della magistratura». Come anticipato sul Sole 24 Ore la divergenza è figlia delle preoccupazioni sia nel Governo, sia nella maggioranza, sull’assenza dei riferimenti alle principali novità della riforma nel titolo del provvedimento che si sottopone al giudizio degli elettori. Da qui il doppio quesito: un tentativo, che i più considerano destinato al fallimento. Infatti l’articolo 16 della legge 352 del 1970 impone la formula del quesito con il titolo della legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il problema non si pose nel 2016, col referendum che – bocciato – portò alla fine del governo guidato da Matteo Renzi. Il titolo della legge che fece da elemento portante del quesito referendario chiariva esplicitamente quale fosse l’oggetto del contendere: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”.
Quanti sono i comitati per il sì e per il no?
I comitati sono in crescita continua. Il Comitato “Sì Separa”, istituito dalla Fondazione Luigi Einaudi, think tank di ispirazione liberal, è presieduto dall’avvocato Gian Domenico Caiazza, già presidente dell’Unione delle Camere penali. Altro esponente di spicco Antonio Di Pietro, ex pm di Mani Pulite. Gli ex ministri Claudio Signorile e Salvo Andò, e un altro storico socialista come Fabrizio Cicchitto sono fra i promotori del “Comitato Giuliano Vassalli per il Sì”. Un altro comitato per il sì al referendum sulla riforma della giustizia è promosso dall’Unione delle Camere penali. Si chiama “Camere penali per il sì” ed è presieduto dal presidente dell’Unione, Francesco Petrelli. Sull’altro fronte il “Comitato per il no a difesa della Costituzione” è stato promosso dall’Associazione nazionale magistrati. Presidente onorario è Enrico Grosso, avvocato e ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Torino. Forza Italia, che considera la riforma come un’eredità politica di Silvio Berlusconi, ha annunciato che nasceranno suoi comitati sul territorio. Improbabile che Lega e Fdi promuovano comitati di partito. E a Tajani è stato recapitato forte e chiaro dagli alleati l’invito a «non personalizzare» la campagna. Anche le opposizioni preparano la strategia referendaria. L’obiettivo del fronte politico – orfano dei centristi e ristretto a Pd, M5s e Avs – è quello di costituire un unico comitato per il No che comprenda anche sigle e associazioni civili. È ancora in valutazione, inoltre, l’ipotesi della raccolta delle firme tra i cittadini (500mila) approfittando della nuova modalità on line.
Fonte: Il Sole 24 Ore