
Referendum, l’8 giugno per la prima si potrà votare fuori sede. Oltre 67mila hanno fatto richiesta
Lunghi viaggi, costi proibitivi, impegni di lavoro, di studio o di cura sono ostacoli che in molti casi creano “astensioni involontarie” sul voto dei cittadini italiani che vivono fuori dal loro comune o provincia di residenza. Si stima che in Italia sono circa 4milioni e 900mila le persone “fuori sede”, di questi, quelli ammessi al voto nei comuni di temporaneo domicilio ammontano a 67.305 , di cui 28.430 per motivi di lavoro, 38.105 per motivi di studio e 770 per motivi legati alle cure mediche. In relazione al dato complessivo, che è in fase di consolidamento e di verifica da parte degli uffici elettorali comunali, si segnalano le province con maggior incidenza di elettori fuori sede: Milano con 10.980; Torino con 9.691; Roma con 9.890 e Bologna con 7.785. Le sezioni speciali riservate ai “fuori sede” (costituite in presenza di almeno 800 elettori fuori sede) saranno complessivamente 51 di cui 12 a Torino, 11 a Milano, 9 a Bologna, 7 a Roma e 2 a Firenze. I Comuni che non istituiscono sezioni speciali distribuiranno gli elettori fuori sede nelle sezioni elettorali ordinarie.
Il trend è positivo?
Secondo le analisi, le votazioni referendarie risultano solitamente meno “attraenti” per gli elettori, rispetto ad esempio alle elezioni europee. In merito a quest’ultime, nelle tornate elettorali del 2024, il numero di studenti fuori sede che hanno votato – per la prima volta, per le liste e i candidati della propria circoscrizione territoriale di origine (senza la necessità di rientrare nel comune di residenza), sono stati all’incirca 24mila. Nel confronto tra i due anni è possibile osservare un aumento del 58,77% di domande tra gli studenti fuori sede. «Osservando le prime sperimentazioni, avvenute già negli altri Paesi europei, si nota una richiesta iniziale di domande medio basse che va via via crescendo – afferma il direttore di The good Lobby, Federico Anghele – a giudicare dai dati che abbiamo a disposizione, per essere la prima sperimentazione del voto da fuori sede nella storia del nostro Paese, possiamo dire che è un buon risultato».
Tempistiche problematiche
Un problema sollevato da molti elettori fuori sede è stato certamente la finestra temporale con la quale hanno dovuto gestire la presentazione di richiesta per la domanda. L’arco temporale andava dal 30 aprile fino al 4 maggio – all’incirca 35 giorni – che però non prendono in considerazione le problematiche «legate alle festività ed i vari ponti che vi si sono presentati all’interno di questo periodo». Problematica ancora più importante però riguarda la scarsa informativa inerente alla novità della possibilità di voto fuori sede. «Se notiamo, la tipologia di elettore che più di tutti ha fatto domanda per il voto fuori sede sono gli studenti – afferma Federico Anghele. Questi ultimi infatti sono un bacino più informato e più facile da raggiungere attraverso campagne social, ecc.». Di fatto, la città di Milano, che è la città con più incidenza di elettori fuori sede, nel periodo tra il 30 aprile e il 4 maggio ha avviato una vera e propria campagna di sensibilizzazione, che ha prodotto 10.980 richieste.
La situazione in Europa
In Europa, il voto per corrispondenza è possibile in Spagna, Lussemburgo, Germania, Irlanda, Austria, Ungheria, Slovenia, Regno Unito e Polonia. Nella maggior parte di questi Paesi, il voto per posta costituisce uno dei canali disponibili per i fuori sede. Attualmente i Paesi europei che non hanno ancora adottato modalità di voto a distanza – che sia per posta o per delega – sono l’Italia, Malta e Cipro. Anche Paesi con una popolazione comparabile o superiore all’Italia, come la Spagna e la Germania, hanno avuto – all’inizio della loro fase di sperimentazione – poche richieste di voto che è via via cresciuto, come detto anche sopra da Federico Anghele. In Spagna il voto per corrispondenza nel 2000 ha coinvolto 500.000 votanti con i 2.6 milioni del 2023. Mentre in Germania il voto per corrispondenza nel 1957 era del 4,9%; nel 1990 del 9,4%; nel 2017 del 28,6% diventando nel 2021 il 47,3%.
Fonte: Il Sole 24 Ore