Retribuzioni, spazio alle tasse piatte per rilanciare rinnovi e produttività
Si applicherà invece a tutti, lavoratori dipendenti e pensionati, il taglio dal 35% al 33% dell’aliquota Irpef per i redditi tra 28mila e 50mila euro, che vede sterilizzati i suoi effetti solo oltre 200mila euro di reddito.
Premi e produttività
Vale 64 euro, in media, il maggiore guadagno che i lavoratori beneficiari di un premio di produttività potrebbero incassare nel 2026 e nel 2027. Il valore medio dell’incentivo – riconosciuto in virtù di contratti aziendali o territoriali – attualmente infatti è di 1.600 euro. L’imposta sostitutiva passerebbe dal 5% applicato oggi all’1% del prossimo anno. Il risparmio equivale dunque a quattro punti percentuali del premio.
La soglia massima dell’importo agevolato, in base al Ddl di Bilancio, salirà da 3mila a 5mila euro. Ma questo secondo intervento potrebbe non essere decisivo, visto l’importo medio attuale del salario incentivante. Difficilmente le aziende, esclusi alcuni casi, potrebbero riconoscere ai lavoratori premi per 5mila euro all’anno. La soglia di reddito del lavoratore, per poter accedere al premio di produttività, resta fissata a 80mila euro annui. Oggi beneficiano di questi incentivi 4,7 milioni di lavoratori (dato del ministero del Lavoro).
Produttività stagnante
L’obiettivo del prelievo scontatissimo all’1% è sostenere la produttività, che resta stagnante, nonostante l’aumento degli occupati, arrivati a 24,1 milioni. Come rileva il Cnel nel recente Rapporto annuale sulla produttività 2025, nel periodo 1995-2024, l’incremento medio annuo della produttività in Italia si è attestato attorno allo 0,2%, a fronte dell’1,2% registrato nella Ue a 27 (1% in Germania, 0,8% in Francia, 0,6% in Spagna).
Tra le cause evidenziate dal Rapporto, c’è il fatto che l’occupazione è aumentata in settori a produttività media più bassa, come costruzioni, ristorazione, sanità e assistenza. Fra le altre motivazioni, il divario fra l’Italia e la media europea negli investimenti intangibili, come software, ricerca e sviluppo, capitale organizzativo. Pesa anche il divario di competenze dei lavoratori (un più alto livello di competenze è associato a una produttività del lavoro più alta). «L’Italia – si legge – soffre di un ritardo strutturale nelle competenze digitali della manodopera: solo il 16% dei lavoratori ha competenze Ict elevate, contro il 30% circa in Germania e Francia; solo il 15% dei laureati lo è in discipline Stem, a fronte di una media europea del 26 per cento».
Fonte: Il Sole 24 Ore