Riciclaggio, Stablecoin in sorpasso sul Bitcoin per evitare segnalazioni
L’Italia prova a rafforzare le maglie contro il riciclaggio, ma una parte crescente dei flussi digitali continua a eludere i controlli. Con l’introduzione dell’articolo 45-bis al decreto legislativo 231/2007, diventa obbligatorio per i Vasp (Virtual asset service provider) esteri nominare un punto di contatto in Italia. Un passaggio cruciale per portare sotto vigilanza operatori che agiscono tramite sportelli Atm indipendenti o piattaforme digitali, finora spesso fuori dal perimetro normativo nazionale. L’obiettivo è chiaro: colmare una falla strutturale che ha favorito l’operatività anonima di soggetti esteri sul territorio nazionale.
Il principio è semplice: se raccogli in Italia, rispondi in Italia assolvendo agli obblighi antiriciclaggio. Chi non si adeguerà rischierà sanzioni pesanti, quantificabili economicamente – ma non solo – fino a cinque milioni di euro. Di fatto una quota di Vasp ha già iniziato una forma di collaborazione antiriciclaggio (si veda il grafico). Il 2024 ha registrato 6.255 segnalazioni per operazioni sospette (Sos) legate a criptoattività, in crescita del +25% sull’anno precedente. Nei primi tre mesi del 2025 se ne contano già 2.166, mentre si ritiene che con l’introduzione del 45-bis ci sarà un costante aumento.
Da Bitcoin a Stablecoin
Ma mentre la norma evolve e i Vasp iniziano a uscire dall’ombra, il riciclaggio si trasforma. Sempre più spesso, le Sos inviate all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia – diretta da Enzo Serata – riguardano le Stablecoin, criptovalute legate al valore di un altro asset, come una valuta ufficiale, il dollaro o l’euro. Strumenti che, grazie alla loro stabilità e alla diffusione su app di messaggistica, permettono trasferimenti rapidi e opachi tramite wallet unhosted: portafogli digitali controllati direttamente dall’utente, privi di intermediari o procedure di identificazione. Non c’è banca, non c’è Vasp, non c’è obbligo di segnalazione. Ed è qui che gli analisti dell’Uif registrano un cambio di paradigma nel mondo del riciclaggio. Il progressivo abbandono del Bitcoin, in quanto la conversione finale in euro o dollaro è quasi sempre necessaria per rendere il denaro utilizzabile.
Un passaggio che accende i radar della vigilanza. Con le Stablecoin questo snodo può essere saltato. Ancorate a valute fiat, cioè ufficiali, sono già “pronte all’uso” nel circuito digitale, conservano un valore stabile e riconoscibile e possono circolare via app o wallet unhosted senza bisogno di cambiare forma. In pratica: il denaro resta in forma cripto, ma si comporta come contante liquido. È questa la discontinuità che oggi preoccupa l’antiriciclaggio. Ed è qui che si consuma il vero passaggio di testimone: dal Bitcoin alle Stablecoin.
Il tema è particolarmente sentito, anche in considerazione dei livelli che ha raggiunto il riciclaggio del denaro sporco in Italia. L’Amministrazione finanziaria ha messo sul tavolo una stima che pesa: 40 miliardi di euro, pari al 2% del Pil, transitano nei circuiti illeciti di lavaggio dei soldi. E i risultati, frutto di indagini molto complicate, non sono mancati: oltre 1,2 miliardi di euro sequestrati in 17 mesi dalla Guardia di finanza, ma solo 73 milioni sono legati alle cripto. Alla presentazione del rapporto annuale dell’Uif, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha detto che «le modalità di utilizzo delle cripto a scopi di riciclaggio sono in continua evoluzione e sempre più complesse e sofisticate, e c’è un crescente ricorso alle stablecoin». Non solo da parte della criminalità organizzata e di quella comune.
Fonte: Il Sole 24 Ore