
Rifiuti: 140mila viaggi in camion per l’export tra le Regioni. Ecco l’impatto sulla Tari
Servono 4,5 miliardi di investimenti all’Italia per colmare il deficit impiantistico e raggiungere così i target Ue al 2035 che prevedono il 65% di riciclaggio effettivo sul totale dei rifiuti urbani raccolti (al momento il Paese viaggia attorno al 51%) e un ricorso allo smaltimento in discarica per una quota non superiore al 10%, mentre l’attuale asticella si attesta ben 6 punti percentuali al di sopra di quel livello. Sono queste le stime formulate da Utilitalia che ha passato al radar il fabbisogno impiantistico della penisola mettendo a fuoco il divario che vede ancora arrancare il Centro-Sud nonostante i miglioramenti apportati dai fondi previsti dal Pnrr. Quest’ultimo, va ricordato, punta con uno stanziamento di 2,1 miliardi di euro a migliorare la gestione dei rifiuti e dell’economia circolare, rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti, da un lato, e realizzando progetti esemplari (“faro”) altamente innovativi per filiere strategiche.
Dal Fabbro: nuovi impianti grazie alla spinta del Pnrr
«Per quanto riguarda i rifiuti organici – spiega a Il Sole 24 Ore il presidente di Utilitalia, Luca Dal Fabbro -, grazie anche alla spinta del Pnrr, negli ultimi anni abbiamo registrato l’apertura di nuovi impianti di digestione anaerobica e molti progetti sono in corso di finalizzazione». Nel prossimo triennio, ricorda sempre Utilitalia, dovrebbero infatti entrare in funzione o essere potenziati ulteriori 22 impianti di trattamento della frazione organica. Un piccolo assist al sistema, certo, ma non sufficiente a chiudere il cerchio attorno al divario esistente e che continuerà a riguardare ancora le regioni centro-meridionali e la Sicilia per una capacità di circa 900mila tonnellate, mentre per quanto riguarda il recupero energetico e il deficit nazionale, sempre guardando al centro-sud, ammonta a circa 2,5 milioni di tonnellate. Insomma, qualcosa si muove, anche grazie all’azione di Utilitalia, aggiunge Dal Fabbro, «che è stata costante nell’evidenziare la necessità di chiudere il ciclo a livello regionale per limitare i viaggi dei rifiuti lungo la penisola». Che resta, però, un nodo aperto, come documentano i numeri.
L’export di rifiuti tra le Regioni
La carenza e la cattiva dislocazione degli impianti continua, infatti, ad alimentare l’export dei rifiuti, con importanti ricadute in termini economici e ambientali. Utilitalia calcola che circa 3,15 milioni di tonnellate di rifiuti sono state trattate in Regioni diverse da quelle in cui sono stati prodotti. Il flusso ha viaggiato principalmente dal Centro-Sud verso il Nord. Il Nord, in particolare, ha importato circa 1,79 milioni di tonnellate dalle aree del Centro-Sud e già oggi, grazie ai propri impianti, riesce quasi a conseguire (14,6%) i target di conferimento in discarica previsti dalla Ue per il 2035. Un target già ampiamente superato in Regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna che, oltre ad aver conseguito risultati molto positivi nel riciclo, hanno dotazioni adeguate di impianti di termovalorizzazione). Il Centro è stato costretto a esportare il 16% (0,97 milioni di tonnellate) della propria produzione di rifiuti, nonostante sia in grado di avviare in discarica una percentuale estremamente elevata, pari al 35,4%, ma non in grado di garantire tutta la richiesta. Quanto al Sud, il livello di rifiuti esportato altrove ammonta a 1,38 milioni di tonnellate, che corrispondono al 23% della propria produzione di rifiuti ma solo per via della disponibilità elevata di discariche, ora utilizzate per un’alta percentuale (il 39,5%).
L’impatto sulla Tari
Per sostenere l’export di rifiuti tra Regioni sono stati così necessari 140mila viaggi di camion, pari a 76 milioni di chilometri percorsi con un aggravio sulla Tari (la tassa per rifiuti) di 75 milioni di euro in più, il 90% dei quali a carico delle Regioni del Centro-Sud. Occorre, quindi, la realizzazione di nuovi impianti, a partire dai termovalorizzatori. Che, ricorda Dal Fabbro, «sono essenziali per trattare il rifiuto residuo e gli scarti della selezione per il riciclaggio, recuperando energia: ciò non ostacola la raccolta differenziata, anzi la integra in un sistema sostenibile ed efficiente. Anche da questo punto di vista, a fronte di un deficit impiantistico importante che caratterizza da sempre il Centro-Sud, si registra qualche passo in avanti, sia pur meno deciso rispetto agli impianti di trattamento dei rifiuti organici: basti pensare all’aggiudicazione della gara dell’impianto di Roma, oppure all’avvio delle gare per la progettazione dei due impianti previsti in Sicilia».
Il progetto di Roma
Secondo le previsioni di Utilitalia, il termovalorizzatore di Roma – che sarà realizzato da raggruppamento di imprese composto da Acea Ambiente, quale capogruppo, con Hitachi Zosen Inova AG, Suez Italy, Vianini Lavori e RMB – risolverà la gestione dei rifiuti non riciclabili e degli scarti delle raccolte differenziate dell’area di Roma capitale, avvicinando il Lazio all’autosufficienza nella gestione dei rifiuti non riciclabili e dimezzando il fabbisogno impiantistico di recupero energetico del Centro Italia: si conteranno, stima la federazione, 24mila viaggi in meno di camion per il trasporto dei rifiuti verso gli impianti del Nord e all’estero, con un risparmio di 8mila tonnellate di CO2 equivalente e il soddisfacimento del fabbisogno energetico di 200mila famiglie.
Fonte: Il Sole 24 Ore