Riforma della giustizia verso l’ultimo sì
È iniziato la scorsa settimana, in commissione Affari costituzionali al Senato, l’esame in seconda lettura del disegno di legge di riforma della giustizia che mira a modificare la Costituzione per introdurre nel nostro ordinamento non solo la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, ma anche la riforma dell’organo di autogoverno della magistratura, con lo sdoppiamento del Csm e l’istituzione della nuova Alta Corte disciplinare.
Un progetto fortemente voluto dal Governo e dalle forze di maggioranza, ma contrastato dall’opposizione e dalla magistratura. Il percorso parlamentare è stato accompagnato dalle polemiche, anche perché il testo del disegno di legge governativo, presentato a giugno dell’anno scorso dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è apparso blindato: tanto che non è stato approvato alcun emendamento. E ora che si avvicina l’ultimo via libera parlamentare, è partita la macchina organizzativa dei comitati in vista del referendum che si terrà, nelle intenzioni, la prossima primavera.
L’iter della riforma
Si tratta infatti di una riforma costituzionale, che, per essere adottata, deve rispettare l’iter individuato dall’articolo 138 della Costituzione. È necessaria, intanto, una doppia deliberazione da parte sia della Camera sia del Senato, ad almeno tre mesi di distanza, e nella seconda votazione la proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti. Una volta pubblicata dovrà essere sottoposta a referendum popolare (se entro tre mesi lo richiedono un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali). È un referendum confermativo, che non richiede che sia raggiunto il quorum per essere valido: perché la riforma passi sarà sufficiente che sia approvata dalla maggioranza dei voti validi, qualunque sia il numero dei votanti. Il referendum non si terrebbe, secondo la procedura di revisione costituzionale, se nella seconda votazione la legge fosse approvata a maggioranza di due terzi dei membri di ogni Camera. Ma non è il caso della riforma della giustizia, perché in seconda lettura alla Camera non è stata raggiunta la maggioranza qualificata.
Ora è iniziato appunto il secondo esame da parte del Senato. L’intenzione della maggioranza è di procedere spediti, come spiega Alberto Balboni (FdI), presidente della commissione Affari costituzionali e relatore del disegno di legge: «Penso che termineremo i lavori in commissione entro questa settimana o al massimo all’inizio della prossima. La deliberazione finale non può comunque avvenire prima del 23 ottobre». Occorre infatti attendere tre mesi dal primo via libera del Senato, arrivato il 22 luglio.
Finora il percorso della riforma costituzionale è stato molto rapido. Ma il futuro è tutto da scrivere. La partita del referendum, a oggi, non ha un esito scontato. E comunque la riforma, anche una volta approvata, non cambierebbe da subito l’assetto della magistratura, perché si dovrebbe aprire la fase dell’attuazione. Lo stesso disegno di legge prevede infatti che entro un anno dall’entrata in vigore della riforma siano allineate «le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull’ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare». Nel frattempo, occorrerebbe continuare ad applicare le disposizioni attuali.
Fonte: Il Sole 24 Ore