Riforma dell’edilizia, sugli abusi stop alla babele delle Regioni
Fissare dei criteri unici a livello nazionale per individuare difformità e abusi edilizi. Per mettere fine alle differenze a livello regionale, che hanno creato di recente problemi all’applicazione del decreto Salva casa. Se oggi, infatti, ogni Regione indica in modo autonomo i criteri per catalogare le difformità, in futuro non sarà più così. Punta a questo obiettivo il disegno di legge delega di riforma del Testo unico edilizia, ormai prossimo all’approdo in Consiglio dei ministri, come confermato sia dal vicepremier Matteo Salvini che dal capo del legislativo delle Infrastrutture, Elena Griglio.
Il Ddl di riforma
Il testo, ormai pronto, affronta diversi temi, tutti legati sia a una revisione del Dpr n. 380/2001 che a un aggiornamento della materia urbanistica, sulla quale da decenni non si registra un intervento organico. Tra i diversi temi, però, spicca in diversi passaggi una complessiva riforma del sistema degli illeciti e dei meccanismi di sanatoria, insieme alla revisione delle competenze di Stato e Regioni. Sul primo fronte, ad esempio, si punta a favorire la regolarizzazione degli abusi realizzati prima delle legge n. 765/1967: quello diventerebbe una sorta di anno zero per l’edilizia. Allo stesso tempo, verrebbe chiarito che la sanatoria di abusi e difformità mette al riparo anche le agevolazioni fiscali. Sul fronte delle competenze regionali, l’intento chiaro è definire in modo molto più preciso i confini dell’azione dei governatori.
Uno dei punti più scivolosi, nell’ambito delle costruzioni, è proprio legato alle sanatorie e alle divergenze tra quanto autorizzato dal Comune e quanto realizzato in cantiere. In questo settore, ad esempio, accade che il limite delle parziali difformità (quelle sanabili più facilmente) sia diverso a seconda dei territori. Ogni Regione, infatti, stabilisce autonomamente la definizione delle variazioni essenziali, a partire dal quale una difformità piccola diventa più rilevante. La definizione di abuso, insomma, viene colorata in modo diverso nei diversi territori.
Una classificazione nazionale
Queste differenze creano problemi operativi. Così il Governo punta a dare indirizzi più chiari a livello nazionale. Il Ddl, infatti, tra i criteri di delega spiega che bisognerà «definire a livello nazionale una comune classificazione delle tipologie di difformità dal titolo abilitativo edilizio», in modo da individuare «standard univoci di inquadramento delle situazioni di patologia». Ancora, bisognerà «definire in maniera chiara ed esaustiva ciascuna tipologia di difformità edilizia, con l’intento di prevenire incertezze interpretative nell’applicazione delle relative definizioni».
Ma, per dare un confine preciso agli interventi delle Regioni, l’idea del Governo è andare anche oltre. Individuando a monte quali sono le disposizioni statali non derogabili, sulle quali le Regioni non possono pronunciarsi, e quali sono i livelli essenziali delle prestazioni, non derogabili a livello locale. Tra questi rientrano anche le tipologie standard, a livello nazionale, di violazioni edilizie e l’individuazione degli standard per il conseguimento di titoli edilizi in sanatoria.
Fonte: Il Sole 24 Ore