
Rinnovo concessioni, la Ue mette in mora l’Italia
Lo scorso 8 ottobre sul tavolo del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, destinatario più per una questione formale che sostanziale considerato che il ricevente finale è il ministero delle Infrastrutture, è arrivata la terza lettera di messa in mora complementare da parte della Commissione Europea. Al centro della missiva i contratti di concessione e tutto ciò che ne deriva, ossia gli appalti pubblici e le procedure di appalto degli enti erogatori nei settori di acqua, energia, trasporto e servizi postali.
Questa volta, però, rispetto al passato – la procedura di infrazione è infatti partita nel 2019 – la Ue ha alzato il tiro e lo ha fatto mettendo nel mirino la nuova disciplina degli appalti e in particolare la procedura di affidamento in finanza di progetto. La genesi, con ogni probabilità, va ricercata in due vicende specifiche che hanno alzato il tono del confronto del Paese con l’Europa, ossia il rinnovo della A22 e della A4, da un lato per la previsione di un diritto di prelazione, contro il quale si è schierata Aspi stessa, e dall’altro per l’ipotesi di affidamento diretto della tratta Brescia-Padova a Cav paventata nei mesi scorsi dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e in parte confermata dal fatto che su questo dossier non si è poi più mossa una foglia.
In scia a tutto questo la Ue deve avere deciso di mettere nero su bianco un paio di punti fermi che la lettera ricostruisce nel dettaglio.
A dicembre 2022 le autorità italiane hanno presentato informalmente ai servizi della Commissione «il nuovo progetto del codice italiano dei contratti pubblici» poi adottato ad aprile 2023 con decreto legislativo. Un testo rispetto al quale l’Europa ha mosso una serie di rilievi successivamente recepiti in un decreto correttivo. Ma evidentemente le modifiche, anche significative, e le riforme introdotte non sono state sufficienti a sanare la posizione italiana. Tanto che la Commissione scrive così nella lettera: «Alcuni dei rilievi mossi non sono stati interamente risolti e alcune delle disposizioni del codice aggiornato continuano a non essere conformi al diritto dell’Ue in materia di appalti pubblici».
In particolare, come detto, tutto ruota attorno alla procedura di affidamento in finanzia di progetto che, così come è stata declinata, non presta «le adeguate garanzie procedurali a presidio del rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione e lascia invece uno spazio troppo ampio alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice». In altre parole, la gara deve essere lo strumento principale con il quale gestire gli affidamenti ed eventuali eccezioni, come finanza di progetto e procedure in house, devono essere giustificate in maniera dettagliata e soprattutto convincente. Un capitolo intero, peraltro, viene dedicato alla previsione «di un diritto di prelazione in campo al promotore/proponente» che si conclude così: «Tale disposizione viola i principi di parità di trattamento e non discriminazione sanciti dagli articoli 3 e 30 della direttiva 2014/23/Ue».
Fonte: Il Sole 24 Ore