
Riscossione, addio a 408,5 miliardi ma accesso aperto ai conti di chi evade
Una via per attutire il suo peso, accanto alla definizione di soglie d’ingresso su cui però la soluzione non sembra ancora essere stata trovata (le riunioni tecniche si sono susseguite anche ieri), passa dalla riduzione della base imponibile rottamabile. Che però, sottolinea la relazione, deve accompagnarsi con una serie di misure per rafforzare le unghie della riscossione, con l’obiettivo di evitare il formarsi di un magazzino nuovo mentre si cerca di ripulire il vecchio. E qui arrivano i nodi politici.
I numeri sul tavolo
Sul piano delle cifre, la proposta è di attuare un maxidiscarico che alla luce del lavoro analitico sugli arretrati «dovrebbe riguardare complessivamente circa 408 miliardi di euro, pari al 32% del magazzino residuo». Nel falò dovrebbero finire prima di tutto 338,03 miliardi di crediti 2000-2024 «discaricabili perché giuridicamente non più esigibili» in quanto riferiti a persone fisiche decedute (35,69 miliardi), società cancellate dal registro imprese e prive di coobligati (166,73 miliardi), soggetti con procedura concorsuale chiusa (65,22 miliardi) e altri crediti prescritti (70,39 miliardi). A questi si dovrebbero aggiungere 70,44 miliardi di crediti, concentrati fra 2000 e 2010, che sono vivi sul piano giuridico ma «risultano senza prospettive di riscossione». Il grosso della “rinuncia” (347,34 miliardi) sarebbe a carico dell’Erario, ma anche l’Inps dovrebbe dire addio a 38,07 miliardi, i Comuni a 5,1 miliardi e gli altri enti a 3,2 miliardi. La spugna cancellerebbe le posizioni di 9,2 milioni di contribuenti, che si vedrebbero annullare 27,6 milioni di cartelle in cui sono iscritti 42,9 milioni di crediti. Nel gorgo sarebbero quindi destinati a finire anche singole somme tutt’altro che banali: perché ogni contribuente interessato si vedrebbe abbuonare in media qualcosa come 43.921 euro.
Le contromisure
Nella prospettiva disegnata dalla relazione, però, l’azione della falce sarebbe solo la premessa di una revisione profonda nella governance dell’agenzia delle Entrate e nelle regole sulla riscossione: da attuare attraverso una ricetta che non appare facile sul piano politico, tanto più nell’immediata vigilia di una manovra che deve fare i conti con le esigenze della finanza pubblica, le prospettive di rilancio delle spese per la difesa ma anche con le priorità dei partiti impegnati nella campagna elettorale permanente delle regionali.
Ma anche l’obiettivo indicato dalla relazione è cruciale: ridare efficacia alla riscossione, puntando sui cinque «principi di tempestività, compliance, prioritizzazione, differenziazione e sistematicità». Le cartelle, insomma, non devono sonnecchiare invecchiando, perché il passare del tempo fa cadere le chance di incasso, ma il Fisco deve selezionarle per concentrarsi davvero su quelle più promettenti.
Più dati e più personale
Individuate le somme aggredibili, però, bisogna poi avere gli strumenti per farlo. E per questa ragione, secondo la bozza di relazione «sarebbe opportuno prevedere» che l’agente della riscossione possa bussare in banca non solo per conoscere l’esistenza o meno del conto corrente, come accade ora, ma «anche la sua consistenza attuale», pur «con le necessarie cautele» in fatto di privacy.
Fonte: Il Sole 24 Ore