
Risparmio energetico, aumenta lo sforzo dell’industria alimentare per ridurre i consumi
Non è una questione di classe dimensionale. Dalla piccola e media impresa alla grande multinazionale, l’industria alimentare nazionale (fortemente energivora) paga lo scotto di costi energetici considerati ormai insostenibili. Da qui la corsa a dotarsi di tecnologie per il recupero del calore o di impianti fotovoltaici. Con una differenza rispetto al passato. Fino a qualche anno fa le aziende scartavano gli investimenti per l’efficientamento energetico che non potevano essere ammortizzati nell’arco di sei o dodici mesi al massimo.
«Adesso – dice Alessandro Brizzi, general manager di Renovis, energy service company di Vabrio D’Agogna, in provincia di Novara – puntano su interventi ammortizzabili in circa tre anni, a volte anche in sei o sette. Questo significa che è cresciuto anche il grado di sensibilità verso una produzione sostenibile. Il nostro obiettivo non è solo quello dell’efficientamento energetico ma anche quello del recupero e della valorizzazione degli sprechi, nell’ottica dell’economia circolare».
Ma qual è il payback time, il tempo che un’azienda impiega per coprire la spesa grazie al risparmio energetico ottenuto? «Mediamente si può raggiungere una riduzione dei costi pari al 30% – spiega Brizzi -. Per il payback time non esiste un valore medio, in quanto interventi diversi danno risultati diversi. In ogni caso con il recupero di calore di solito oscilliamo tra uno e tre anni, con il fotovoltaico il range va dai due ai sei anni».
Così in una industria di prodotti da forno il periodo di ammortamento del costo di un impianto per il recupero di calore può variare da 18 a 36 mesi; in una azienda del settore conserviero si può arrivare a 30 mesi. E vale la pena menzionare che nel solo campo dell’industria dei prodotti da forno – che conta 46.000 imprese per un fatturato di 13 miliardi – Renovis stima uno spreco di energia pari al 25%.
Oggi la consapevolezza della necessità di abbattere i consumi energetici è il fil rouge che lega tutte le imprese del food. Il problema è generato dal sistema Paese. Non solo perché gli investimenti per l’efficientamento energetico sono spesso bloccati da una burocrazia asfissiante. «Paghiamo l’energia elettrica quattro volte in più della Spagna, il doppio rispetto alla Francia, il 30-40% in più rispetto alla Germania», ricorda Antonio Feola, responsabile Materie prime e sostenibilità di Unionfood, alla quale fanno capo 530 aziende proprietarie di 900 brand, con un fatturato complessivo di 56 miliardi, dei quali 26 generati dalle esportazioni.
Fonte: Il Sole 24 Ore