
Ristorazione veloce, ricavi oltre quota 26 miliardi entro il 2029
Si preannuncia un cambio di passo quasi epocale per il mondo della ristorazione e dei consumi fuori casa. Dopo il +3,4% di tasso di crescita medio registrato dal settore della ristorazione veloce, quella senza servizio al tavolo, tra il 2019 e il 2024 per il prossimo quinquennio la previsione è di una crescita media annua dell’1 per cento.
«Il comparto quick service restaurant (la ristorazione veloce senza servizio al tavolo ndr) è cresciuto del 3,4% dal 2019 al 2024 e rappresenta oggi il 30% del settore ristorazione in Italia per un valore totale di 24,9 miliardi – spiega Tommaso Nastasi, partner e Value creation service leader di Deloitte -. A fine 2025 si prevede che la ristorazione veloce raggiungerà un giro d’affari di circa 25,2 miliardi, un valore destinato a crescere ulteriormente a oltre 26 miliardi entro il 2029, registrando un tasso annuo di crescita composto del +1% nel periodo 2024-2029».
Secondo le previsioni del report «Foodservice market monitor 2025» di Deloitte che Il Sole-24 Ore è in grado di anticipare i prossimi anni non si preannunciano particolarmente favorevoli per i consumi fuori casa perché la crescita sarà pari a zero mentre il fatturato complessivo del settore passerà dagli 83 miliardi del 2024 agli 84 miliardi del 2929. Se i fast food metteranno a segno il +1% di crescita dei ricavi la ristorazione tradizionale manterrà le posizioni con una quota di mercato del 50%. In sofferenza, con la perdita di tre decimi di punto al 2029, lo street food dopo l’exploit visto negli ultimi dieci anni mentre il canale bar accuserà, sempre secondo le previsioni degli esperti Deloitte, una perdita del fatturato dell’1,3%.
«Nonostante alcune nicchie in crescita, come la ristorazione veloce e il delivery, il mercato italiano resta nel complesso maturo – commenta Nastasi -. La stabilità prevista fino al 2029 è dovuta a fattori strutturali come l’alta concorrenza, il calo del potere d’acquisto e una lenta transizione verso nuovi modelli di consumo. Questi elementi tendono a bilanciare la crescita di alcune aree, mantenendo il giro d’affari stabile. La stagnazione dei consumi fuori casa riflette una maggiore cautela delle famiglie, spinte dall’inflazione e dal calo del potere d’acquisto a privilegiare la spesa domestica, soprattutto nella Gdo – commenta Nastasi -. Nel breve termine, ci aspettiamo una crescita selettiva, trainata da format accessibili, offerta di qualità a buon prezzo e innovazione digitale. Le prospettive dipenderanno molto dalla ripresa dei consumi, dalla fiducia dei consumatori e dalla capacità del settore di adattarsi a nuove abitudini e stili di vita più orientati alla convenienza».
Rispetto ad altri mercati l’Italia offre margini di crescita alle catene sia nazionali che estere. Tra gli ultimi arrivi dagli Usa quelli di Popeyes (pollo fritto) e il ritorno degli hamburger di Wendy’s. Per i prossimi anni le migliori opportunità sembrano essere ad appannaggio delle catene dei fast food che ad oggi hanno in Italia una quota di mercato del 18% contro il 67% a livello mondiale. Si guarda in modo particolare ai giovani della Gen Z che in media cenano fuori casa 3 o 4 volte al mese, mentre un 15% arriva a 5 volte. «L’espansione dei format più scalabili come i locali con servizio al banco mostrano una chiara evoluzione delle abitudini di consumo e dei modelli di business – continua il partner di Deloitte Italia -. In questo contesto, l’Italia conferma la sua forza come mercato: se da un lato presenta ancora una bassa penetrazione delle catene rispetto ai benchmark internazionali dall’altro sta mostrando segnali di accelerazione molto incoraggianti, con una crescita delle catene veloci che supera la media globale».
Fonte: Il Sole 24 Ore