
Robot spaziali, il punto di svolta sarà la conquista dell’autonomia
La robotica spaziale è quindi un passaggio obbligato, i robot sono macchine che possono perfettamente operare oltre l’atmosfera, lì dove gli umani sono appesantiti da tute spaziali, che sono piccole astronavi e debbono garantire alimentazione, ossigeno, idratazione e altro; tutte cose che ai robot non servono, mentre possono lavorare 24/7.
L’umano è bello, ma è costoso e pericoloso e si tratta di cambiare l’atteggiamento verso i robot: non si tratta solo di delegare la forza fisica, ma anche compiti complessi, pericolosi, ripetitivi. In prospettiva faranno lavori di livello: manutenzione stazioni spaziali, mining lunare o su asteroidi, per dire solo un paio di compiti. Il punto è costruire una squadra paritaria, con i robot come partner strategici, un equilibrio collaborativo da ricercare.
La robotica riduce i costi, richiede meno cautele che per l’umano e aumenta l’efficienza. Forme e dimensioni, nonché attitudini dei robot spaziali sono di tanti diversi tipi, dettati dal compito che devono svolgere: abbiamo bracci meccanici, sfere sapienti, satelliti veri e propri, rover che camminano, fotografano, scavano, analizzano con i loro veri e propri laboratori di chimica fisica. A parte mettiamo gli umanoidi, sempre più presenti e apprezzati come veri e propri astronauti metallici.
Qual è il ruolo degli umanoidi?
Il primo che viene citato generalmente è il Canadarm 1, 1981, un formidabile grande braccio robotico che aiutava gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, Iss, ad agganciare le navette che arrivano ed eseguire anche riparazioni all’esterno.
Il punto di svolta per i robot spaziali sta nel passaggio dalla teleoperazione all’autonomia. In campo spaziale è un requisito fondamentale, pensiamo che un segnale di comunicazione dalla Luna alla Terra, e viceversa, impiega due secondi. Sembrano pochi, ma possono essere un’eternità nel caso sia da evitare un pericolo imminente che si profila. Non parliamo di Marte poi, dove un segnale, andata e ritorno, impiega da 8 a 40 minuti, a seconda della posizione reciproca dei pianeti.
Fonte: Il Sole 24 Ore