Sabotaggio gasdotto Nord Stream, no all’estradizione dell’ex ufficiale ucraino

Sabotaggio gasdotto Nord Stream, no all’estradizione dell’ex ufficiale ucraino

Annullato con rinvio il via libera della Corte d’appello all’estradizione in Germania perl’ex ufficiale ucraino gravemente indiziato di aver preso parte, all’azione collettiva disabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2. Impianti del Mar Baltico a nord-est e sud-est dell’isola di Bornholm (Danimarca), fatti esplodere con detonatori a tempo dopo la installazione di ordigni.

La Cassazione ha depositato le motivazioni, con le quali ha accolto le tesi della difesa e fermato l’esecuzione del mandato d’arresto europeo. Per la Suprema corte, la Corte d’appello ha commesso un errore sulla qualificazione giuridica dei fatti, qualificando come terrorismo, quando il capo d’accusa mosso dal paese richiedente era il sabotaggio in violazione della Costituzione. In virtù della riqualificazione del reato i giudici territoriali hanno leso il diritto di difesa dell’indagato che non ha potuto partecipare in presenza all’udienza camerale, ma solo in videoconferenza, una modalità non prevista per il reato contestato dalle autorità della Repubblica federale tedesca.

L’immunità per atto di guerra

Inoltre la Corte d’appello non ha valutato, e dovrà farlo in sede di rinvio, se all’indagato sia applicabile l’immunità funzionale che scatta in caso di sabotaggi riconducibili ad atti di guerra. La Corte di appello ha, infatti, negato la violazione del principio di ne bis in idem europeo, respingendo la richiesta della difesa di acquisire la documentazione presso le autorità danesi sull’archiviazione del procedimento a carico dell’indagato «osservando che si trattava di richiesta fondata su notizie di stampa, anche autorevoli, dalle quali risultava che la Danimarca – scrivono i giudici – aveva respinto la richiesta di procedere per i fatti connessi alla esplosione dei gasdotti e che il portavoce del Cremlino – Dmitri Peskov – aveva, invece, sostenuto che la decisione della Danimarca celava una precisa scelta politica, addirittura essendo stato accertato il coinvolgimento nel sabotaggio di propri alleati».

L’obiettivo militare

L’azione, per la quale è stata richiesta la consegna dell’ex ufficiale ucraino, nato nella federazione russa, «era diretta a impedire la fornitura di gas dalla Russia alla Germania, perché i gasdotti raggiungevano le stazioni di rifornimento di Lubmin, che si approvvigionava con tale modalità per circa la metà del suo fabbisogno annuale». Per la difesa, non un atto di terrorismo dunque, perché non indirizzato a colpire vittime civili, ma un obiettivo militare, da colpire su preciso ordine di uno stato in guerra, nel quale era in vigore la legge marziale. Il legale del ricorrente ha ricordato che l’immunità funzionale degli autori di atti di guerra è compresa tra i principi fondamentali della Carta Costituzionale.

Fonte: Il Sole 24 Ore