Salario minimo, ecco il confronto tra Italia, Francia, Germania, Romania, Spagna e Svezia

Salario minimo, ecco il confronto tra Italia, Francia, Germania, Romania, Spagna e Svezia

In Germania, ad esempio, dove il salario minimo legale è stato introdotto solo nel 2015, la regolazione salariale si è tradizionalmente basata sulla contrattazione collettiva di settore, con un ampio riconoscimento delle parti sociali e della loro autonomia negoziale. L’introduzione del salario minimo, pur avendo dato copertura a segmenti precedentemente non tutelati, non ha mai inteso sostituire i contratti collettivi, ma piuttosto fungere da presidio per situazioni marginali.

In Svezia, come in altri Paesi scandinavi, non esiste un salario minimo legale: il sistema è fondato esclusivamente sulla contrattazione collettiva, la cui copertura supera il 90% dei lavoratori. Qui la funzione regolativa delle parti sociali è sostenuta da una cultura della partecipazione e della responsabilità condivisa, che consente una definizione dei trattamenti economici adeguata ai diversi settori e coerente con la dinamica della produttività.

Anche in Francia, dove esiste un salario minimo legale (SMIC), la contrattazione collettiva continua a svolgere un ruolo fondamentale. Il salario minimo opera come soglia base, ma i contratti collettivi estesi per via amministrativa introducono miglioramenti significativi e articolati, contribuendo a strutturare un sistema misto in cui la componente pattizia è tutt’altro che marginale.

La struttura della retribuzione in Francia

Sotto il profilo strutturale, osserva la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nel report, il sistema francese è molto simile a quelo italiano: parallelamente, infatti, alle fonti di matrice normativa, che sono contenute principalmente nel Code du travail (letteralmente Codice del lavoro) e che definiscono l’impianto normativo, si collocano le Conventions collectives. In particolare, si ravvisa la presenza di una contrattazione collettiva di settore nazionale, con annesse deleghe alla negoziazione decentrata, anche di livello aziendale. Il ruolo delle fonti negoziali, sotto l’aspetto economico, è nevralgico per quanto riguarda la definizione di spettanze di miglior favore rispetto a quella già prevista per legge e consistente nel salario minimo. La definizione del trattamento economico da parte della contrattazione collettiva (sia essa nazionale, ovvero aziendale), non può essere deteriore rispetto al salario minimo garantito (indicato con l’acronimo SMIC, che sta ad indicare Salaire Minimum Interprofessionnel de Croissance), il quale è appunto fissato per legge su base oraria, oltre ad aver fatto registrare nel corso degli anni adeguamenti in base all’andamento inflattivo ed al costo della vita. Proprio per effetto della considerazione dell’andamento del costo della vita, l’importo dello SMIC viene periodicamente aggiornato. Non sono previste per legge mensilità aggiuntive, e questo dato è sicuramente cruciale per collocare in maniera complessiva il salario minimo, nel suo valore assoluto. È rimesso alle pattuizioni della contrattazione collettiva (sia nazionale, sia aziendale), la definizione di eventuali previsioni in tal senso di miglior favore (con possibilità, ad esempio, di riconoscimenti a titolo di mensilità aggiuntive), che nel caso fanno il paio con quanto previsto a titolo indennitario. È sempre la contrattazione collettiva, infatti, che può prevedere dei trattamenti indennitari, al concretizzarsi di particolari situazioni (come, ad esempio, la possibilità di spostamento finalizzato allo svolgimento della prestazione lavorativa all’interno di un dato ambito territoriale), ovvero per limitare determinate fattispecie (come una specifica indennità di non concorrenza che presenta importanti assonanze con quanto previsto dal nostro art. 2125 del Codice Civile). La Fondazione richiama inoltre l’indennità di licenziamento (da tenere distinta rispetto alle somme di natura risarcitoria dovute in ipotesi di assenza, ovvero di carenza, di motivazione del recesso datoriale), che seppur corrisposta al momento dell’estinzione del rapporto, non può essere assimilata al nostro TFR, non avendo quella declinazione legale universale che invece caratterizza il trattamento presente nel nostro ordinamento ai sensi dell’art. 2120 del Codice Civile.

Tale indennità, infatti, sebbene corrisposta come detto in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, e quandanche commisurata alla sua durata, non è ad esempio prevista in caso di licenziamento disciplinare. Il “Salario Minimo” in Francia, dal 1° novembre 2024 è di 1.802,00 euro al mese.

Fonte: Il Sole 24 Ore