Sardegna e Sicilia, un’unica mitizzata isola nell’arte di Michele Ciacciofera

Sardegna e Sicilia, un’unica mitizzata isola nell’arte di Michele Ciacciofera

«Questa installazione è un vero e proprio assemblaggio poetico che l’artista Michele Ciacciofera ha presentato nel 2017 alla 57 esima Biennale d’Arte di Venezia – ricorda Gervasoni- e che affonda le sue radici nel mito orale sardo, terra di origine dell’artista, e soprattutto si rifà al racconto, alla fiaba tradizionale delle “Janas”, fatine, create da un dio distratto, che sono preposte alla tessitura e alla produzione del miele. L’installazione si propone proprio di ricreare l’ambientazione fiabesca, rifacendosi al mito di queste fate o presenze femminili che allietano le notti degli uomini sardi dopo giornate di lavoro; si compone di nove tavoli di recupero, veri e proprio memory recorder per l’artista, sui quali sono disposti oggetti di risulta come fossili, antichi reperti archeologici insieme a ceramiche, libri annodati e tessuti, oltre a sculture in ceramica».

A proposito di sculture in ceramica, “Earth Island” ne presenta sei di fila … 

«Qui l’artista torna di nuovo a riflettere – aggiunge ancora la nostra guida – sul tema dell’isola, e quindi sulla sua provenienza dalla Sardegna, e poi la sua infanzia in Sicilia. Il riferimento è chiaramente al bacino del Mediterraneo, come radice geografica e intellettuale del suo lavoro. Queste ceramiche sembrano proprio affiorare da abissi marini profondissimi».

Al secondo piano dell’esposizione quella che, a mio avviso, è la scultura più emblematica e affascinante, “L’asino rosa” del 2025; si tratta qui di un vero omaggio a Dioniso. Qui Ciacciofera compone e incide a spirale alla base della scultura dei versi ispirati direttamente alle Metamorfosi; li scrive in italiano, in francese e in inglese.

È un flusso di coscienza altamente poetico in una mostra che si nutre di miti, di versi omerici e di Apuleo e di Ovidio e non solo, e che ha nel lirismo compositivo la nota più distintiva di questo artista poliedrico, a cui Proteo sembra aver prestato uno dei suoi molti volti. Infine, tra i molti echi, spunti e messaggi che questa esposizione offre copiosa a chi vi si avventura, non posso non sottolineare l’attenzione costante per i materiali, che sono spesso di riuso e comunque attenti al rispetto delle risorse del pianeta. Perché gli echi, per quanto nostalgici e risalenti nel tempo, nella produzione di Michele Ciacciofera hanno una invariabile: non smettono mai di ammonirci al rispetto della terra e delle sue fragilità. Lo insegnano gli antichi, le risorse scarseggiano da sempre, e un artista così altamente consapevole, assertivo e contemporaneo, lo testimonia ad ogni passo.

Fonte: Il Sole 24 Ore