Sardegna, nasce il tavolo delle vertenze industriali

Una sorta di “unità di crisi” per affrontare le diverse crisi industriali della Sardegna che valgono più di un miliardo di euro. Con interventi che spaziano dalla metallurgia alla chimica verde, passando per il recupero e le bonifiche delle aree degradate. Sarà il compito del “Tavolo delle vertenze” istituito dall’assessorato dell’Industria, proprio per fare il punto sui diversi casi e studiare, quindi, delle strategie per trovare una soluzione.

Dalla mappa alle soluzioni

«L’obiettivo del tavolo non è solo quello di fare una mappa di quanto avviene in Sardegna – dice l’assessore dell’Industria Emanuele Cani – ma creare le condizioni, anche attraverso strumenti di condivisione e partecipazione, per sostenere le vertenze sui tavoli nazionali e arrivare a soluzioni in tempi ragionevoli. E proprio in questi giorni sono in corso interlocuzioni con il Governo». La partita più grossa, proprio in merito alle vertenze, si gioca nel polo industriale di Portovesme, dove sono concentrate sia le aziende della metallurgia non ferrosa dell’alluminio sia quelle del piombo e zinco. Qui, dove c’è aperta anche la questione del Just transition fund, in campo ci sono risorse che superano il miliardo di euro.

Il rilancio della filiera dell’alluminio

Si tratta degli investimenti che interessano il rilancio della filiera dell’alluminio, con il primo anello rappresentato dall’Eurallumina. L’azienda che, sotto il controllo della Rusal, vorrebbe riattivare gli impianti che sino a marzo del 2009 producevano allumina dalla raffinazione della bauxite. Il piano di investimenti che vale circa 300 milioni di euro deve fare ancora i conti con la questione energetica e il Dpcm che ancora non arriva. C’è poi il capitolo Sider Alloys, e la ristrutturazione e riaccensione dello smelter che sino alla fermata del 2012 produceva alluminio primario attraverso la fonderia e la sala elettrolisi. Il progetto di ristrutturazione, che prevedeva investimenti per oltre 170 milioni di euro non è stato ancora completato e l’azienda ha attivato la cassa integrazione per 13 settimane per buona parte dei dipendenti. Un fatto che ha spinto i sindacati a bloccare i cancelli i giorni scorsi e ora a chiedere l’intervento del Governo. «Invitalia è nell’azionariato con il 20% – dice Roberto Forresu, segretario Fiom – e chiediamo quindi che da parte dei rappresentanti istituzionali ci sia un’assunzione di responsabilità».

Zinco e litio, un piano da 500 milioni

Appesi a un filo anche gli investimenti della Glencore che nel polo industriale del Sulcis opera con la controllata Portovesme srl e dove vorrebbe portare avanti il progetto che vale più di mezzo miliardo, per la produzione di litio per batterie, nichel e cobalto riciclati nell’ambito di un accordo internazionale con la Li-Cycle azienda leader nel settore del recupero delle risorse delle batterie agli ioni di litio e « principale società di recupero di batterie agli ioni di litio nel nord America». Il programma prevede che l’hub di Portovesme, dove attualmente la linea dello zinco viaggia con una produzione ridotta mentre quella del piombo è ferma dal 14 febbraio (a causa degli elevati costi dell’energia necessaria per far funzionare gli impianti) possa diventare «il più grande impianto di fabbricazione di prodotti sostenibili per batterie in Europa».

Una transizione da 367 milioni

C’è poi la questione dei progetti legati al Just transition fund, per cui sono disponibili risorse per 367 milioni di euro ma i progetti stentano ancora a essere messi in campo. All’orizzonte anche il progetto per la valorizzazione della chimica verde a Porto Torres.

Fonte: Il Sole 24 Ore