Sardegna tutta biologica, la sfida parte da Ollolai

Il traguardo (ambizioso) è fissato per il 2030, l’obiettivo trasformare la Sardegna in isola totalmente naturale e biologica. La sfida è partita da Ollolai, il comune che in passato aveva lanciato l’iniziativa “case a un euro”, con la costituzione (il 14 maggio) del Comitato promotore al termine di un’assemblea, convocata dall’associazione La Base e a cui hanno aderito diverse categorie produttive, rappresenti di associazioni e istituzioni.

Per Efisio Arbau, avvocato, presidente del Gal Barbagia e promotore dell’iniziativa si deve «iniziare dalla terra, posto che le rivoluzioni partono da e per la terra, grazie al sentimento che lega l’essere umano al luogo in cui è nato e vive». Punto di partenza, in un cammino che si preannuncia non semplice ma già indicato, la necessità di sfatare quello che viene definito un «falso mito», ossia che «dal biologico non si produce».
«Lo dimostrano le tante aziende agricole e zootecniche che lo praticano con successo e che si sono affermate nel mercato – dice –. La Sardegna è la prima regione nel Mediterraneo in cui si pratica l’allevamento degli ovini al pascolo». Non solo: «L’isola, come comunicato dalla Coldiretti, è al settimo posto nella classifica delle Regioni italiane bio con circa 120mila ettari (le aziende agricole sono circa 2mila) ed è sopra la media europea sull’incidenza della superficie biologica sulla Superficie Agricola Utilizzata (SAU) con circa il 10% rispetto ad una media UE di cerca l’8%».
Non meno importante il traguardo dello scorso anno: «Da circa un anno inoltre è stato riconosciuto dalla regione il distretto regionale del Biologico (Distretto Sardegna Bio)».

Da qui la sfida per far sì che l’isola diventi «l’avamposto mondiale in cui si pratica la vita umana compatibile con la resilienza del pianeta». Risultato? Con la Sardegna completamente al naturale e bio «si avrebbero intere filiere costituite nel nostro territorio, non soltanto di alimenti per gli esseri umani ma anche per gli animali, avendo cosi filiere 100% certificate non solo naturali e/o bio ma anche 100% sarde».
Un cambiamento che, a sentire i promotori, incentiverà «il ritorno alla produzione anche delle materie prime rispondendo con un progetto concreto e calato sulle nostre vocazioni, ai grandi limiti che ci sta evidenziando con forza in questi mesi la guerra in Ucraina: una regione debole che dipende dall’estero, mentre ha le potenzialità per produrre e di qualità».

Oltre a migliorare lo stile di vita dei sardi, con risvolti economici importanti per l’agricoltura e allevamento, si avrebbero risvolti positivi anche per il turismo attratti da una Sardegna realmente sostenibile e verde. Ad accompagnare questa riconversione “epocale”, sottolinea il promotore, «ci saranno anche i fondi giacché la programmazione comunitaria va in questa direzione».Da qui l’idea di avviare la programmazione e progettazione delle iniziative legate al progetto che ha come orizzonte proprio il 2030 e vede il coinvolgimento del mondo cooperativo, del comparto agricolo e delle università.

Fonte: Il Sole 24 Ore