
Scatola nera verso la portabilità. Sconti e prova legale ancora in attesa
La scatola nera è da anni grande incompiuta della Rc auto: in mancanza della regolamentazione attuativa prevista sin dal Dl 1/2012 e poi dagli articoli 132-ter e 145-bis aggiunti nel 2017 al Codice delle assicurazioni (Cap), non si sa nemmeno cosa esattamente debba intendersi per black box. Ora nel Ddl Concorrenza 2024 (bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato e inviato in Parlamento) si prova a disciplinarla in modo transitorio, soprattutto per evitare che possa diventare strumento di fidelizzazione forzata degli assicurati, visto che la scatola nera si è molto diffusa. Resta il problema del valore probatorio del dati della scatola nera in caso d’incidente.
Regole in attesa, contratti in vigore
Il Ddl regola la portabilità di alcuni dati registrati dalla box (su chilometraggi e tipi di percorsi), per consentire all’assicurato di farsi quotare il rischio da un’altra compagnia. E stabilisce che il proprietario, alla scadenza della polizza, può far disinstallare senza costi il dispositivo.
Il Dl 1/2012 – quando ci saranno i Dm attuativi che stabiliranno le caratteristiche tecniche e funzionali del dispositivo – imporrà alle imprese assicurative di premiare, con sconti tariffari «significativi», chi, per ridurre i rischi d’incidente, accetta un “monitoraggio” che consenta l’obiettiva ricostruzione di eventuali sinistri, la deterrenza di condotte di guida pericolose e un miglior controllo del rischio da parte delle compagnie (anche per una sua più corretta tariffazione).
Per ora invece, in assenza della black box “di legge”, le regole sono quelle dei contratti o delle politiche tariffarie di ciascuna compagnia.
Il valore probatorio dei dati
Un tema particolarmente delicato che rimane aperto è il valore probatorio da attribuire oggi alle risultanze della scatola nera nell’accertamento della dinamica del sinistro. L’articolo 145-bis dal Cap, quando sarà a regime, darà loro valore di piena prova legale «dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo». Ad oggi no: lo ha ribadito recentemente la Cassazione (ordinanza n. 13725/2024) chiarendo che – essendo la norma rimasta inattuata – non si potrà «attribuire valore legale ad un dato raccolto da uno strumento prodotto da un privato per un privato senza che sia assoggettato a qualsivoglia forma di controllo o al rispetto di determinati parametri» (nel merito si veda anche Tribunale di Napoli Nord sentenza 28 agosto 2024).
Fonte: Il Sole 24 Ore