
Scatta l’allarme acqua, un bene troppo trascurato
Il settore idrico, con un valore di circa 290 miliardi di euro e oltre 1,6 milioni di occupati, contribuisce a quasi il 70% del pil dell’Unione Europea, secondo i più recenti dati Eurostat e Wwf. Nonostante il suo ruolo cruciale, l’accesso all’acqua rimane ancora oggi un problema nel Vecchio Continente, con oltre 16 milioni di persone che non hanno accesso a una risorsa potabile sicura e pulita, e gli investimenti nel settore idrico che restano insufficienti: il finanziamento per le tecnologie climatiche, che ammonta a 48 miliardi di euro, destina solo 1 miliardo (meno del 3%) alle tecnologie idriche, come emerge da una analisi di Dealroom. Nella Giornata internazionale dell’Acqua, i dati riflettono uno scenario europeo complesso ed eterogeneo che apre alla necessità di una riflessione comune per potenziare la resilienza del settore, come evidenziato anche dall’ultimo report dell’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea) sullo stato delle acque.
L’allarme europeo
Inquinamento, degrado degli habitat, effetti dei cambiamenti climatici ed eccessivo sfruttamento delle risorse di acqua dolce stanno sottoponendo laghi, fiumi, acque costiere e acque sotterranee in Europa a una pressione senza precedenti. Una gestione più efficiente delle risorse idriche è cruciale per rafforzare la resilienza idrica, ridurre le pressioni su questa risorsa e assicurare che cittadini, ambiente e industria abbiano a disposizione acqua di qualità a sufficienza. Secondo l’analisi Aea “Europe’s state of water 2024: the need for improved water resilience”, l’agricoltura rappresenta la principale fonte di pressione. Una situazione causata dall’elevato consumo della risorsa e dall’inquinamento provocato dall’uso intensivo di nutrienti e pesticidi, come emerso dal monitoraggio condotto dagli Stati membri. Nonostante i progressi compiuti, le acque e i relativi ecosistemi europei continuano a subire gravi danni a causa delle sostanze chimiche, soprattutto per l’inquinamento atmosferico dovuto alla produzione di energia da carbone e per la contaminazione diffusa da nutrienti e pesticidi. La maggior parte degli habitat e delle specie acquatiche protette, inoltre, sono valutati in uno stato di conservazione scarso o pessimo. E anche le aree protette non se la passano bene: sono in buono stato appena il 17% degli habitat fluviali, lacustri e ripari, e l’11% delle zone umide. A complicare ulteriormente l’arduo compito di proteggere gli ecosistemi acquatici sono i cambiamenti climatici, che alterano i modelli meteorologici e intensificano le pressioni sulle risorse idriche e sulla loro gestione.
La fotografia dei corpi idrici europei
La relazione dell’Aea riguarda oltre 120.000 corpi idrici superficiali e 3,8 milioni di km di acque sotterranee nell’UE e in Norvegia. La relazione si basa sui dati comunicati da 19 Stati membri, che rappresentano l’85% dei corpi idrici superficiali e l’87% dell’area dei corpi idrici sotterranei dell’UE-27. Stando ai dati forniti dagli Stati membri, solo il 37% dei corpi idrici superficiali in Europa ha raggiunto uno stato ecologico considerato «buono» o «elevato», secondo un indicatore della salute degli ecosistemi acquatici stabilito dalla direttiva quadro sulle acque dell’UE. Le acque sotterranee mostrano risultati migliori rispetto alle superficiali: il 77% è in «buono stato chimico» e, in termini di approvvigionamento, il 91% è classificato in «buono stato quantitativo». Permangono, però, problemi in termini di inquinamento da pesticidi e nutrienti.
Fonte: Il Sole 24 Ore