Schema Ponzi nel trading: condannato il capo. Risarcimenti a rischio: risparmiatori sul piede di guerra
Hanno venduto case, chiesto prestiti in famiglia e rimandato persino le spese mediche dei genitori anziani. Tutto, perché «un uomo sempre ben vestito e con auto di lusso», Marco Licani, gli avrebbe garantito ritorni economici fino al 18% all’anno sui loro investimenti. Nonostante, come accertato dalla Banca d’Italia, non fosse iscritto all’albo dei consulenti. Ecco perché il tribunale di Milano lo ha condannato a due anni e quattromila euro di multa per abusivismo finanziario.
Lo schema Ponzi
È la storia di uno schema Ponzi iniziata diversi anni fa, prima del 2018, anno in cui è arrivata l’istanza della Consob ed è iniziato il processo. La procedura, spiegata nelle carte delle indagini della Procura di Milano, era semplice: degli intermediari (loro sì, iscritti all’albo) avrebbero convinto delle persone comuni a investire migliaia di euro nella piattaforma «Pft Professional Financial Traders Italia», di cui Licani è socio e amministratore unico. Investimenti, inoltre, sarebbero indotti anche in altre società collegate.
Le cifre
Le prime operazioni, stando a quanto è emerso dalle indagini, servivano a conquistare la fiducia. Quasi la metà dei clienti, infatti, ha concluso la propria esperienza ricevendo più di quanto abbia versato. Cifre piccole, in pochi casi sopra i 10.000 euro. In questo modo, sono stati attirati altri investitori. Che hanno perso somme decisamente superiori, fino a 130.000 euro.
È tutto tracciato all’interno del capitolo «clienti vittime». Una lista approfondita in cui compaiono i movimenti bancari fra una quarantina di persone e i soggetti vicini alla «Pft». La metà, come detto, ha perso cifre importanti. Si leggano i totali: un milione incassato dalla società, circa 650.000 restituiti. La differenza porta a un «ingiusto profitto pari complessivamente ad euro 346.439,18 con relativo danno patrimoniale per le vittime».
Proprio prima di questa frase, però, si legge un dettaglio importante: «Abusivamente svolgevano raccolta del risparmio tra il pubblico […] alludendo a rendimenti fino al 18% annuo e consegnando effettivamente ai clienti somme corrispondenti per i primi mesi del contratto, salvo poi indirizzare il denaro all’estero o impiegarlo per finalità egoistiche».
Fonte: Il Sole 24 Ore