Schermi, bambini e salute mentale: non è solo una questione di timer

Schermi, bambini e salute mentale: non è solo una questione di timer

Gli schermi non sono tutti uguali e il tempo non è l’unica variabile da tenere sotto controllo. Un nuovo studio condotto da ricercatori del Vagelos College of Physicians and Surgeons della Columbia e Weill Cornell Medicine suggerisce che va studiato meglio l’uso che i bambini fanno dei social media, dei videogiochi o dei telefoni cellulari in relazione alla salute mentale. Non è insomma il tempo totale trascorso davanti allo schermo che li rende più o meno dipendenti, non è più solo una questione di dosi. Quello pubblicato mercoledì sul Journal of the American Medical Association (Jama) non è «la nuova legge della relatività» delle «dipendenze» da social, smartphone e videogiochi, ma uno studio che per la prima volta prova a concentrarsi sull’effetto a lungo termine delle tecnologie digitali, in particolare per i bambini il cui cervello è ancora in via di sviluppo e in un’epoca in cui sono circondati da schermi.

Finora la maggior parte delle ricerche si è concentrata sul tempo totale trascorso davanti allo schermo, piuttosto che sulla natura del tempo trascorso davanti allo schermo o su come tale utilizzo possa cambiare nel tempo. Lo studio ha invece esaminato l’uso dei social media di quasi 4.300 bambini, a partire dall’età di 8 anni, e come è cambiato l’uso nei successivi quattro anni. Come hanno spiegato i ricercatori, va analizzato l’uso eccessivo di schermi che crea dipendenza, ovvero che interferisce con i compiti scolastici, il comportamento a casa o le altre attività. La novità centrale non è tanto nel collegare schermi e ansia o umore depresso – era già emerso nelle ricerche precedenti – quanto nel concentrarsi sui pattern di uso compulsivo. Per i telefoni cellulari, circa la metà dei bambini ha riportato un elevato consumo di dipendenza dall’inizio dello studio, che è rimasto elevato fino alla prima adolescenza, e circa il 25% ha sviluppato un uso sempre più coinvolgente con l’avanzare dell’età. Per quanto riguarda i social media, circa il 40% dei bambini ne ha avuto un uso elevato o sempre più dipendente. A differenza dei social media e dei telefoni cellulari, l’uso dei videogiochi ha seguito solo due traiettorie, alta e bassa, senza un distinto gruppo «crescente» nel tempo.

I ragazzi con uso crescente o intensamente compulsivo hanno mostrato un rischio 2–3 volte maggiore di pensare o tentare il suicidio, così come di sviluppare ansia, depressione, agitazione o comportamenti dirompenti. «Per i genitori e gli educatori, la discussione sui telefoni cellulari e sui social media si è concentrata sulla limitazione o sul divieto dell’uso, ma i nostri risultati indicano che sono coinvolti fattori più complessi», ha detto il primo autore Dr. Yunyu Xiao, primo e autore principale, assistente professore di scienze della salute della popolazione e psichiatria presso Weill Cornell Medicine. «Gli studi clinici hanno dimostrato che limitare l’uso del telefono cellulare, ad esempio durante l’orario scolastico, non era efficace nel ridurre il rischio di comportamenti suicidari o nel migliorare altri aspetti della salute mentale». Come dire, non saranno solo i divieti e i timer ad aiutarci a comprendere e affrontare anche questo tipo di dipendenze.

Come ha spiegato Lisa Henderson, capo del dipartimento di psicologia dell’Università di York sul Financial Times, «abbiamo anche bisogno di determinare i meccanismi neurobiologici e psicologici che sono alla base delle relazioni tra l’uso di dipendenza e i risultati della salute mentale». «Ad esempio . ha proseguito – prove convergenti suggeriscono che i disturbi del sonno possono essere un meccanismo di mediazione qui».

Fonte: Il Sole 24 Ore