Se gli alieni sono alienati quanto noi

Se gli alieni sono alienati quanto noi

Yorgos Lanthimos – oltre a possedere una brillantissima ed evidente capacità registica – sa come creare una famiglia cinematografica. A vedere la sua squadra in conferenza stampa del film in lancio puoi scommettere che dietro a ogni ciak ci sia divertimento e confronto collettivo. Si vede dall’amalgama che si forma nelle risposte, più che nell’accondiscendenza, nelle occhiate ammiccanti e burlesche che si scambiano allegramente. E anche se la pellicola non è la più riuscita, se non ha realizzato lo strike da grande schermo come per Povere creature! e La favorita, c’è sempre un rimasticamento politico interessante, una riflessione sulle magagne di un mondo globalizzato, una sperimentazione, magari efferata, o un borbottio di alta classe (Kinds of kindness).

Pellicole che dividono

Ogni spettatore ha un’opera di Lanthimos che non lo ha convinto e lo ha turbato (per chi scrive The lobster), o che non riesce proprio a digerire (Il sacrificio del cervo sacro). Ma anche in quelle si riconosce sempre inventiva, spericolatezza e certa voglia di saltare lo steccato, qualche volta spaccandolo. Bugonia è una di queste, ovvero una pellicola divisiva. C’è di nuovo Emma Stone, il cui sodalizio è iniziato con la Favorita, per irrobustirsi nel tempo facendo entrare l’attrice nella produzione per Povere Creature! – con cui ha vinto l’Oscar come migliore interprete – e per Bugonia.

L’eccezionale interpretazione di Emma Stone

Come sempre, ma con Lanthimos ancora di più, Stone è elastica nella recitazione e nelle prestazioni fisiche e si offre a qualsiasi gioco di interpretazione che il regista le getti all’amo. Pronta a essere grottesca, sexy, sfrontata, impudente, folle, tenera e crudele. E fastidiosa nella rottura di tabù nascosti, soprattutto in Povere creature!, un film, più che femminista, teso a distruggere le dense ipocrisie borghesi. Con la sua duttile e inscalfibile professionalità, in Bugonia Stone è Michelle, Ceo di una multinazionale, convinta, anzi sicura – ma con umiltà, come ci tiene a sottolineare lei –, di essere più incisiva e potente di un capo di Stato. Come accade spesso, Lanthimos si porta dietro alcuni interpreti dei film precedenti. Stone in Bugonia si confronta di nuovo con Jesse Plemons, già suo triplice sodale-avversario in Kinds of kindness nella veste di marito tuttofare, poliziotto, adepto di setta. In quest’ultimo film Plemons è Teddy, granello nella catena dei magazzinieri di grandi spedizioni e corrieri, alienato e complottista, che coinvolge nelle sue teorie il cugino Don, l’assai efficace esordiente Aidan Delbis.

La cospirazione e il sequestro

I due vivono in una casa decadente, curando le arnie, allenandosi per la “grande” azione contro il Male. Rapiscono Michelle in una rocambolesca caccia nel giardino della manager che credono essere un’aliena venuta dallo spazio per distruggere la terra. La incatenano in un seminterrato e la rasano per evitare i contatti con l’astronave madre tramite i capelli. Dopo aver foderato gli interni di casa di stagnola per impedire influenze e manipolazioni esterne, avviano, vestiti in modo formale, un processo contraddittorio, cruento, beckettiano e piuttosto comico. Una vera battaglia psicologica e fisica che si innesca tra le due parti con un finale inaspettato.

Fonte: Il Sole 24 Ore