Separazione, vale il patto dei coniugi per e-mail sulla divisione delle spese

Valido l’accordo sulle spese da sostenere per la famiglia e per i figli preso dai coniugi via e-mail. Partendo da questo principio la Cassazione, accoglie il ricorso dell’ex marito, che si era visto respingere sia in primo sia in secondo grado, la sua richiesta di rimborso di una quota spese sostenuta nell’interesse della famiglia. Una domanda che si basava sulla validità degli accordi stretti via mail dalla coppia, nei mesi precedenti la separazione.

Una posta elettronica nella quale la coppia stabiliva che il 60% degli esborsi erano a carico del marito e il 40% della moglie, che usufruiva anche della casa familiare e della macchina, entrambe di proprietà dell’uomo.

Le somme pagate in accesso rispetto agli accordi

Ma sia il giudice di pace sia il Tribunale avevano escluso il diritto del ricorrente ad avere indietro le somme pagate in eccesso rispetto alle quote pattuite. Per il giudice le spese di cui ciascun coniuge si era fatto carico nel periodo di convivenza coniugale rientravano tra quelle effettuate per i bisogni della famiglia. Anche dal Tribunale era arrivato un no alla richiesta, perché le spese, motivo del contendere, erano state sostenute prima della separazione, “nell’ambito della convivenza coniugale per i bisogni della famiglia, ex articolo 143 del Codice civile, per cui esse non erano ripartibili pro-quota, anche considerando che si trattava di obbligazione assimilabile a quella naturale”.
Il ricorrente vince però nell’ultimo grado di giudizio. Per la Cassazione, infatti, quanto concordato via mail in merito alla suddivisione delle spese è vincolante. La Suprema corte afferma che, in caso di separazione consensuale, divorzio congiunto, o conclusioni conformi la la sentenza incide sul vincolo matrimoniale. Ma, per quanto riguarda l’accordo tra i coniugi, “realizza — in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli — un controllo solo esterno attesa la natura negoziale dello stesso”. Questo in virtù di nuovi equilibri nel diritto di famiglia.

Superata la preminenza degli interessi della famiglia

I giudici di legittimità ricordano che è ormai superata la concezione “che ritiene la preminenza di un interesse, superiore e trascendente, della famiglia rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti. Ne consegue che i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, quali, in particolare, l’affidamento dei figli e le modalità di visita dei genitori”.
E non cambia se l’accordo è sottoscritto “in rete” con una semplice mail. Il Tribunale ha, infatti, sbagliato nel considerare non vincolante il “patto” sulla suddivisione delle spese familiari. Un errore che “a cascata” coinvolge anche la conclusione in merito all’assenza di un diritto alla restituzione del denaro al marito – che si era assunto tutte le spese – considerando i pagamenti integrali fatti per i bisogni della famiglia, “ed espressione della solidarietà familiare, in adempimento dell’obbligo di contribuzione”.
Per il Tribunale lo scambio di e-mail tra i coniugi non era nulla di più di una semplice organizzazione quotidiana delle spese familiari. Un’interpretazione – sottolinea la Cassazione – che “contrasta con le risultanze documentali che evidenziano l’esistenza dell’accordo tra i coniugi, raggiunto con le e-mail esaminate dai giudici di merito, e riguardante inequivocabilmente la ripartizione delle spese tra i detti coniugi, nel periodo da marzo a settembre 2018 (anteriormente alla separazione) prevedendo, in particolare, la suddivisione delle spese dell’abitazione e del mantenimento del figlio minore (nato nel 2016) nelle proporzioni del 60%, a carico del marito e del 40% a carico della moglie”.

La deroga alla regola generale della non restituzione

La Suprema corte ammette che è vero, come ha affermato il Tribunale, che durante il matrimonio ciascun coniuge deve contribuire alle esigenze della famiglia in proporzione alla sua capacità economica. E che dopo la separazione non esiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio. Ma questo è un principio generale, che può essere derogato “tramite un accordo negoziale tra le stesse parti (che può meglio rispecchiare le singole capacità economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi) che è comunque finalizzato al soddisfacimento delle primarie esigenze familiari e dei figli, nel rispetto dei doveri solidaristici che trovano la loro fonte nel rapporto matrimoniale”. Tutto questo può essere fatto via mail.

Fonte: Il Sole 24 Ore