Serra: «Più capitali alle Pmi italiane, ecco perché nasce il fondo Algebris Tricolore»
«In Algebris siamo sempre stati convinti che investire nel capitale delle piccole e medie imprese italiane quotate fosse un’opportunità e anche un affare, tanto che i nostri fondi ad oggi hanno già investito 1,2 miliardi di euro. Ora facciamo un altro passo in questa direzione e lanciamo Algebris Tricolore Pmi, che investirà principalmente nelle small e mid cap domestiche non appartenenti all’indice FTSE Mib». Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investments, che in Italia ha una struttura di circa 70 professionisti, non nasconde la propria soddisfazione per la nuova iniziativa che si inserisce nell’ambito del Fondo Nazionale Strategico Indiretto, comparto di Patrimonio Rilancio, promosso dal Mef e gestito da Cdp per sostenere l’infrastruttura del mercato dei capitali in Italia.
I numeri
Tecnicamente, Algebris Tricolore Pmi è un fondo di investimento alternativo (Fia) chiuso e riservato di diritto italiano. Il fondo rimarrà attivo sino al 2032 e ha un obiettivo minimo di raccolta di 70 milioni di euro, che saranno investiti almeno per il 70% in micro, small e mid cap italiane (extra Ftse Mib e non finanziarie).
«Noi di Algebris investiremo direttamente 5 milioni di euro e stiamo già riscontrando l’interesse di investitori istituzionali, in particolare fondi pensione, casse previdenziali e compagnie assicurative, che sono a volte sottopesate in questo settore. I vantaggi fiscali a loro concessi da questa iniziativa servono a stimolare questa tipologia di investitori che in passato ha investito di più in altre asset class guardando meno alle Pmi italiane – commenta Serra – rinunciando peraltro a ottimi rendimenti: il ritorno a 25 anni dell’indice Star di Milano è stato pari, ad esempio, a quello del Nasdaq».
L’obiettivo
L’obiettivo dell’iniziativa è quello di favorire l’afflusso di capitali verso le Pmi, vere eccellenze del sistema Paese. Ma investire ora in azioni con le Borse ai massimi non è un rischio? «In questa fase sui mercati molti asset sono prezzati verso i massimi. Ma nel caso delle Pmi italiane le valutazioni sono ancora a sconto del 15-20% rispetto alla media degli ultimi 20 anni – spiega il ceo di Algebris – a causa delle difficoltà incontrate nel periodo post pandemia. Difficoltà che ora sono superate o alleviate. Penso all’impatto che ha avuto sul debito l’impennata dei tassi di interesse, ormai tornati su livelli più gestibili. Ma anche all’inflazione e all’impatto sui costi delle materie prime che tanto hanno pesato su un’industria che in prevalenza è di trasformazione di beni. Da ultimo, il caso dei dazi Usa: l’incertezza durata alcuni mesi è finita e le aziende si stanno adattando al nuovo contesto, operando con distributori locali e anche diversificando i mercati di sbocco».
Il private debt
Dagli Usa si sta diffondendo anche in Europa il private debt per finanziare le imprese. Che ne pensa, può essere adatto anche alle Pmi? «In generale, credo che per le Pmi sia sempre meglio non indebitarsi troppo. Se servono capitali per crescere, è meglio puntare su una solida base di equity. E la nostra iniziativa di Algebris Tricolore Pmi va proprio in questa direzione. Quanto al private debt non ho posizioni preconcette. Osservo solo che negli Usa il 70% dei finanziamenti alle imprese arriva dal mercato e il 30% dalle banche. In Europa è il contrario. Se le banche fanno bene il loro lavoro, qui gli spazi per il private debt sono più ridotti. E non è detto che sia un male per le imprese».
Fonte: Il Sole 24 Ore