
Siccità, l’Europa si avvia sulla strada della resilienza idrica
Ondate di caldo estremo, siccità in aumento, ma anche volatilità delle precipitazioni, con bombe d’acqua impreviste che flagellano le città e distruggono i raccolti: è la nuova normalità legata alla crisi del clima, a cui ci dobbiamo abituare.
Il 40% delle terre è a rischio siccità
In base al Global Drought Outlook dell’Ocse, la superficie terrestre esposta al rischio siccità è raddoppiata nel giro di un secolo, ormai è il 40% delle terre emerse, con una drastica impennata negli ultimi decenni. «L’impatto economico della siccità oggi è sei volte superiore rispetto all’anno 2000 e i costi sono destinati a salire ancora, aumentando almeno del 35% da qui al 2035», precisa Jo Tyndall, direttore della direzione Ambiente dell’Organizzazione. Le zone in cui la siccità è più frequente e intensa sono l’Ovest degli Stati Uniti, il Sud America, l’Europa meridionale, l’Australia meridionale, l’Africa settentrionale e la Russia. L’Ocse stima che una singola ondata di siccità può arrivare a costare tra lo 0,1% e l’1% del Pil di una nazione, a seconda di quanto il suo sistema economico sia dipendente dall’agricoltura o dall’energia idroelettrica.
Nature: rese delle colture in calo dell’11%
La siccità determina l’aumento dei prezzi, aggrava la povertà e causa migrazioni di massa. Incide su molti settori chiave dell’economia, anche se l’agricoltura è il settore che ne risente di più, dal momento che impiega quasi il 70% dell’acqua dolce disponibile nell’irrigazione dei campi. I raccolti posso calare anche del 22% negli anni siccitosi. Proprio per queste ampie ricadute, la siccità potrebbe spazzare via quasi il 15% della produzione economica dell’Eurozona, secondo uno studio della Bce. Le banche europee, infatti, hanno erogato prestiti per 1,3 trilioni di euro ai settori considerati più a rischio, ovvero l’agricoltura, l’industria manifatturiera, l’industria mineraria e l’edilizia.
Per quanto riguarda l’agricoltura, un nuovo studio appena uscito su “Nature” rivela che le rese medie globali di sei colture di base (manioca, mais, riso, sorgo, soia e grano) sono destinate a diminuire di oltre l’11% in uno scenario di riscaldamento moderato entro la fine del secolo, anche tenendo conto delle modalità di adattamento degli agricoltori all’emergenza climatica. Gli autori, prevalentemente americani, concludono che mantenere fluidi gli scambi commerciali globali sarà un elemento essenziale per ridurre i danni economici della crisi. Purtroppo però si tende a fare il contrario: ad esempio l’India, il più grande esportatore di riso al mondo, nel 2023 ha vietato l’uscita del riso basmati non bianco, facendo salire vertiginosamente i prezzi in tutto il mondo, dopo un monsone distruttivo.
Pratiche innovative
Soluzioni? Il rapporto Ocse suggerisce tre strategie interconnesse da applicare per combattere la siccità. Il primo punto riguarda i sistemi d’irrigazione, che andrebbero riconvertiti in sistemi a goccia, perché questi possono tagliare di quasi il 76% il consumo di acqua in alcune aree geografiche, senza intaccare le rese. In secondo luogo, l’Ocse raccomanda una riforma della tariffazione dell’acqua, adeguandola al valore reale della risorsa e dei costi ambientali per erogarla. Terzo, il rapporto sottolinea l’urgenza di considerare sempre l’acqua nel quadro dei piani di adattamento al clima attraverso strategie basate sulla natura che comprendano agricoltura, energia e pianificazione urbanistica. Le soluzioni a breve termine come la desalinizzazione o l’estrazione eccessiva di acqua dal sottosuolo, invece, possono causare problemi sia di natura economica che ecologica. I livelli delle falde acquifere, infatti, stanno diminuendo (il 62% di quelle monitorate) e molti fiumi subiscono significative riduzioni della portata. Queste variazioni nella disponibilità idrica accelerano il degrado del suolo e influiscono negativamente su ecosistemi come foreste e zone umide, esacerbando futuri rischi di siccità.
Fonte: Il Sole 24 Ore