Sicilia di Ulisse, la rete delle eccellenze punta a crescere ancora

Sicilia di Ulisse, la rete delle eccellenze punta a crescere ancora

C’è un filo che attraversa la Sicilia dall’interno, unendo montagne lente e vulcani vivi, boschi di sugherete e campi bruciati dal sole, paesi che sembrano lontani ma che condividono la stessa idea di accoglienza. È un ponte ideale che va dai Nebrodi all’Etna, passando per le Madonie, e arriva fino alle colline che guardano il mare di Trapani, ai borghi del Ragusano, alle campagne di Noto, alle vigne dell’Agrigentino. Un ponte fatto di ristoranti che sono case aperte, boutique hotel che non mostrano lusso ma lo fanno sentire, cantine che non vendono vino ma paesaggio.

Su questo ponte camminano storie come quella dell’Antica Filanda di Capri Leone, di Shalai e DaiPennisi a Linguaglossa (Catania), delle cantine che segnano rotte diverse e ristoranti che hanno trasformato identità locali in racconto contemporaneo. Tanti punti che, se guardati uno a uno, sembrano isole. Insieme, però, formano una mappa possibile della Sicilia che vuole riconoscersi e farsi riconoscere.

Il congresso dell’associazione

È da questa geografia viva che nasce Sicilia di Ulisse, l’associazione che riunisce 52 soci — 36 ristoranti e pasticcerie storiche, 16 hotel di charme, 21 cantine partner — con oltre 1.500 addetti e un fatturato complessivo di 180 milioni di euro. Un tentativo concreto di dare forma a un brand unico dell’ospitalità siciliana contemporanea che con i nuovi arrivi continua a crescere: le nuove adesioni sono cinque tra cui spicca l’Hotel des Palmes di Palermo che fa parte del gruppo Mangia’s. Il congresso di Sicilia di Ulisse, che si chiude oggi domenica 9 novembre a Palermo con una giornata dedicata allo street food siciliano all’Orto Botanico, ha scelto il tema “Nutrire il corpo, coltivare l’anima”. Non il benessere come evasione, ma come ritorno: al tempo, alle radici, ai rapporti veri: «un invito a riflettere sul concetto contemporaneo di benessere: non solo come cura di sé, ma come costruzione di una cultura condivisa intorno al tempo, al cibo, al vino, all’accoglienza e al viaggio» spiegano. L’associazione, di cui è presidente lo chef stellato Tony Lo Coco, si muove attorno a un concetto nuovo, sintetizzato da una parola: Gensy, radice latina di gens: comunità, stirpe, appartenenza. «Se la Sicilia integra cibo, vino, ospitalità e turismo può diventare una destinazione unica e generare sviluppo diffuso. Ma questo potenziale si scontra con sfide strutturali comuni alle imprese dell’Isola: crescita dimensionale, doppia transizione, apertura ai mercati globali, adeguamenti normativi e ricambio generazionale» dice Salvatore Malandrino, Regional manager Sicilia di UniCredit.

L’Antica Filanda, sui Nebrodi il tempo ha il passo del bosco

Una storia paradigmatica è quella dell’Antica Filanda, sui Nebrodi, nel messinese. Una storia che inizia nel 1990, quando le famiglie Campisi e Parafioriti di Galati Mamertino aprono un ristorante in un piccolo immobile in paese, nel cuore dei Nebrodi: una vecchia filanda, appunto, in una zona in cui un tempo quella del baco da seta era l’industria principale. Da lì, l’attività cresce e trova nuova casa in una struttura immersa nella natura a Capri Leone, dove oggi convivono un ristorante Bib Gourmand Michelin, sedici camere, piscina panoramica e un’idea di ospitalità che non si insegna: si eredita. La cucina nasce da una genealogia femminile — Nina, Pinuccia, Nuccia, Pina — che ha custodito la memoria dei sapori montani. Oggi la nuova generazione — Giuseppe, Gaia, Dario, Licia, Morena, Nunzio Jr. e Giuseppe Jr. — ha portato nuove competenze senza cambiare l’anima. «Nei Nebrodi tutto è più lento, e la lentezza è una scelta», dice Nunzio Campisi. «La qualità non la compri: la coltivi, la allevi, la aspetti. Qui il territorio non è scenografia: è protagonista». Nel 2023 nasce Atmosfera by Antica Filanda, sala eventi da 500 ospiti che esporta lo stesso modello: radici forti, estetica misurata, accoglienza che non si impone ma avvolge. Una delle tante aziende familiari, con una quarantina di addetti, che dimostrano che la Sicilia non ha bisogno di inventarsi, ma di riconoscersi.

Fonte: Il Sole 24 Ore