Sostenibilità, a settembre la nuova edizione dei premi di Camera moda

Sostenibilità, a settembre la nuova edizione dei premi di Camera moda

Si terrà sabato 27 settembre, durante la settimana della moda donna, la nuova edizione dei Cnmi Sustainable Fashion Awards, organizzata da Camera Nazionale della Moda Italiana, in collaborazione con la Un Alliance for Sustainable Fashion e con il supporto del Comune di Milano. Verranno assegnati dieci premi, attinenti ad altrettante categorie: artigianalità, diversità e inclusione, progetto pionieristico, economia circolare, azioni per la tutela del clima, biodiversità e tutela dell’acqua, impatto sociale, formazione all’insegna dell’eccellenza, visionarietà. Tornerà, per la settima edizione, anche il premio, sponsorizzato da The Bicester Collection, dedicato ai designer emergenti. Quest’anno i finalisti sono Simon Cracker di Simone Botte e Filippo Biraghi; Institution by Galib Gassanof e Sake di Ana Tafur. Il vincitore sarà al centro di un importante progetto di promozione nei villaggi di Bicester Collection, in tre continenti.

A giudicare i candidati sarà una giuria “terza” presieduta da Paola Deda, chairperson, UN Alliance for Sustainable Fashion e direttrice di Unece.

«I Cnmi Sustainable Fashion Awards costituiscono una vera e propria celebrazione dell’impegno e della responsabilità nel mondo della moda, italiana e internazionale – ha detto Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda -. Con questi riconoscimenti vogliamo mettere in luce le realtà e le personalità che si distinguono per visione e innovazione, valorizzazione dell’artigianato, economia circolare, diritti umani, giustizia ambientale e tutela della biodiversità».

Gli episodi di caporalato e la posizione di Camera moda

Capasa ha affrontato anche il tema del caporalato nella filiera della moda italiana di altagamma (l’ultimo episodio è quello legato a Loro Piana), facendo riferimento anche al progetto di una legge nazionale che tuteli la filiera e i consumatori dall’illegalità annunciato dal ministro Adolfo Urso durante il Tavolo della Moda del 22 luglio, ma ancora da definirsi: «I lavoratori illegali nella moda, secondo le stime dell’Istat, sono circa 30mila su 600mila addetti diretti: la filiera illegale, che comunque non deve esistere, è molto limitata e non va fatto passare il concetto che tutta la produzione di moda made in Italy venga fatta in modo illegale. Si rischia, altrimenti, di avvantaggiare concorrenti a basso costo, come i marchi del fast fashion». Capasa ha ribadito che Camera della moda «non molla sul fronte della sostenibilità, siamo stati tra i firmatari del protocollo sulla legalità voluto dalla Prefettura di Milano e saremo tra i sostenitori della legge nazionale. Faccio un appello anche alle forze politiche: la moda non è un settore di una parte politica o dell’altra, ma una filiera di rilevanza nazionale. Se chiudono le piccole aziende perdiamo tutti, anche le grandi. Che non hanno interesse a mettere a repentaglio la propria reputazione per un 2% di produzione».

Fonte: Il Sole 24 Ore