
Spagna, investimenti in immobili da record
«Venti anni fa eravamo Pigs. Oggi siamo nella “Top 3” dei Paesi più attrattivi per gli investimenti immobiliari in Europa. E siamo sul lato giusto del business». Con un misto di orgoglio e consapevolezza che la sfida ora sarà trasformare un ciclo positivo in un trend strutturale, è stato il portoghese Pedro Coelho (ceo di Square Asset Management) a illustrare, martedì scorso, perché la Spagna sarà sempre più una meta ambita per il business immobiliare.
La cornice è stata “The District”, la fiera del comparto immobiliare iberico che si è svolta a Barcellona da martedì a giovedì scorsi, cui quest’anno l’Italia partecipa con una delegazione istituzionale importante in quanto Paese ospite. Con la locomotiva tedesca ingrippata, le turbolenze in Francia e l’abbassamento dei tassi di questi mesi il mercato ha premiato la relativa stabilità di Spagna e Italia.
Il quadro economico
«Soprattutto della prima – spiega Sergio Fernandez, head of capital market Jll Spain – per un mix di fattori. L’economia cresce del 2,5% e l’immobiliare è lo specchio di un sistema “in salute”, la demografia cresce due volte sopra la media Ue per una forte immigrazione (qualificata e non) proveniente dai Paesi del Centro e Sud America. Che attraggono anche molti studenti universitari nelle circa 20 città che, con Madrid e Barcellona in testa. compongono la rete urbana del Paese. Poi c’è il turismo». Dopo il Covid, ancora di più la Spagna è diventata la meta per la casa estiva delle famiglie del nord Europa e il buen retiro dei relativi pensionati. Canarie, Baleari, ma anche tutta la costa che da Barcellona arriva in Andalusia.
Secondo l’ultimo snapshot di Colliers – che oltre alle transazioni, ricomprende, per tutte le asset class anche le riconversioni e le vendite di terreni – il volume di tutti gli investimenti del comparto immobiliare, in Spagna, nel primo semestre ha raggiunto gli 8,2 miliardi (in Italia siamo sopra ai 5 miliardi) in crescita del 44% rispetto allo stesso periodo del 2024. Con una crescita del 20% (pari a 1,7 miliardi) per gli hotel e del 52% (pari a quasi 1,5 miliardi, il segmento in maggiore crescita oltre a quello degli alternatives) per il residenziale. Che in Spagna si traduce soprattutto in flex living, alloggi in affitto a breve-medio termine che combinano flessibilità e servizi, a metà tra l’offerta alberghiera e quella residenziale tradizionale. Queste soluzioni hanno un rendimento lordo di circa il 5%, superiore al built to rent (costruito per l’affitto a più lungo termine, pari al 4,15% annuo) e anche agli studentati (che rendono non oltre il 4,7 per cento).
Il dibattito
Per Alberto Díaz, managing director of capital markets di Colliers Spain, «entro il 2025, avremo il 30% in più di investimenti globali in Spagna rispetto al 2024. Questo è il momento della Spagna e dobbiamo coglierlo».
«I turisti alto-spendenti che vengono dal Nord Europa – ha spiegato Paloma Pérez Bravo, neo ceo Residential di Lucas Fox – per lo più decidono di “vivere” la Spagna, di integrarsi, mantenendo un legame con la famiglia o delle proprietà nel Paese di origine. Ecco perché il flex living è un’ottima soluzione per vivere, ad esempio almeno sei mesi l’anno, la Spagna. Per altri è invece un primo passo che può durare qualche anno prima di decidere poi, definitivamente, di acquistare».
Fonte: Il Sole 24 Ore