
Spumante Asti, al via la vendemmia. Prevista di qualità ma sparito il mercato russo e ora a rischio quello Usa
Una vendemmia che si annuncia di ottima qualità non riesce a stemperare le preoccupazioni dei produttori di vino italiani sugli scenari di mercato. Un cortocircuito valido un po’ per tutti i vignerons italiani ma in particolare per i produttori di Asti Docg. Il celebre spumante dolce piemontese proprio in questi giorni ha avviato le operazioni di raccolta sugli oltre diecimila ettari di vigneti della denominazione dalla quale si producono l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti la versione con meno bollicine, più dolce e meno alcolica prodotta dal medesimo vitigno: il Moscato Bianco.
La riduzione della produzione
Attualmente – spiegano al Consorzio – le uve si presentano in condizioni fitosanitarie positive con una buona tenuta dell’acidità così come del quadro zuccherino e dell’aromaticità. Sul fronte quantitativo la raccolta dovrà poi tenere conto della riduzione delle rese per la campagna vendemmiale 2025 che sono passate da 100 a 90 quintali per ettaro, di cui 5 destinati allo stoccaggio. Misure che porteranno a una riduzione della produzione totale proposta dallo stesso ente consortile come misura di contenimento “con l’obiettivo di salvaguardare la denominazione in un contesto congiunturale sempre più complesso, aggravato anche dalla conferma dei dazi americani al 15% sul vino”.
All’estero oltre il 90% del fatturato
Il punto è che il Consorzio dell’Asti realizza all’estero oltre il 90% del proprio fatturato con un’esposizione forte su due mercati: la Russia per quanto riguarda l’Asti Spumante e gli Stati Uniti invece per il Moscato d’Asti. E se da un lato il mercato russo è già da tempo compromesso prima dalla guerra russo ucraina oltre che da un inasprimento dei dazi doganali introdotto da Mosca già ad agosto 2023. E adesso con i nuovi dazi introdotti dal Presidente Trump si allungano ombre inquietanti anche sull’altro mercato strategico per le bollicine piemontesi: gli Stati Uniti.
I dazi
“I dazi statunitensi – ha commentato il presidente del Consorzio Asti Docg, Stefano Ricagno – rischiano invece di pesare come un macigno sull’Asti Docg. Non solo per lo spumante, che già sconta il crollo degli ordini dalla Russia – suo primo mercato – con il conflitto che sta presentando il conto; ma soprattutto graverà sul Moscato d’Asti, dove la tipologia è di casa e rappresenta negli Usa il 60% delle proprie vendite all’estero. A ciò si aggiunge il rischio sostituzione con il Moscato locale che, seppur di minore qualità, diventerà ancora più accessibile in termini di prezzo. Una tempesta perfetta per noi, che stiamo cercando di arginare anche attraverso misure di contenimento per preservare l’equilibrio tra la domanda e l’offerta. Ma a questo punto occorre un sostegno da parte delle istituzioni”. Asti Spumante e Moscato d’Asti sono prodotti su circa 10mila ettari di vigneti (il 10% dei quali condotti con metodo biologico) distribuiti su 51 comuni a cavallo delle provincie di Alessandria, Asti e Cuneo. Mille e 13 le aziende associate al consorzio.
Fonte: Il Sole 24 Ore