
Stalking procedibile a querela anche in caso di connessione
Bocciato il regime di procedibilità dello stalking: se il reato connesso diventa procedibile a querela, anche gli atti persecutori tornano perseguibili a querela. Lo afferma la Corte costituzionale con la sentenza n. 123 depositata ieri, giudicando illegittima una disposizione collocata nel correttivo alla riforma Cartabia del Codice di procedura penale.
Il quadro normativo
La sentenza si è dovuta confrontare con un intreccio di norme che incide sul regime della procedibilità dei delitti di violenza sessuale, atti persecutori e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, commessi prima dell’entrata in vigore della riforma, se connessi con un delitto di danneggiamento commesso su cose esposte alla pubblica fede.
L’intreccio
I tre delitti in questione sono perseguibili a querela della persona offesa, tranne che in una serie di ipotesi. Tra queste, quella in cui il delitto sia connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio. In questo caso, anche i tre delitti in questione diventano procedibili d’ufficio. Incerta però la disciplina applicabile se il delitto connesso era procedibile d’ufficio al momento della commissione dei fatti, ma poi diventato procedibile a querela per effetto di una modifica normativa successiva.
Il caso in esame
Nel caso approdato all’esame della Consulta, il tribunale di Verona doveva giudicare della responsabilità penale di un imputato, accusato di avere ripetutamente minacciato e insultato la persona offesa, e anche di averne danneggiato la macchina, rompendone i tergicristalli. La persona offesa aveva successivamente ritirato la querela presentata contro l’imputato. I fatti, risalenti alla fine del 2022 e all’inizio del 2023, erano però procedibili d’ufficio, perché gli atti persecutori erano connessi al danneggiamento su cose esposte alla pubblica fede all’epoca procedibile d’ufficio. Il giudice si trovava così nella condizione di non potere prosciogliere l’imputato, malgrado il ritiro della querela.
La legge più favorevole
La Corte si confronta così con il diritto dell’imputato all’applicazione della legge penale più favorevole, principio non assoluto, ma la cui limitazione deve essere ragionevole. Ragionevolezza che tuttavia la Consulta, con la sentenza di ieri, si trova a escludere. Infatti, «quando il delitto connesso divenga esso stesso procedibile a querela, non sono affatto chiare le ragioni che potrebbero militare a favore della perpetuatio della procedibilità d’ufficio per il delitto di atti persecutori».
Fonte: Il Sole 24 Ore