
Stop all’espulsione dell’immigrato che riconosce il figlio della convivente
Non può essere espulso l’immigrato irregolare che riconosce il figlio, minore di sei mesi, della sua convivente. La Cassazione, con una sentenza costituzionalmente orientata, estende anche al padre convivente la tutela prevista per le coppie sposate. La Suprema corte accoglie, dunque, il ricorso dello straniero, presente irregolarmente sul territorio italiano, contro la decisione del giudice di pace di negare negato lo stop temporaneo all’espulsione amministrativa perché non sposato, e dunque con un figlio nato fuori dal matrimonio. Per il giudice di pace mancava anche lo stato di famiglia e la prova della convivenza. Particolare quest’ultimo che la Cassazione considera irrilevante, perché vista la situazione di irregolarità del neo-padre e della compagna, il cui permesso era scaduto, la condizione di more uxorio non poteva risultare.
La Corte costituzionale
La Suprema corte, nell’accogliere il ricorso, guarda alla Costituzione e alla giurisprudenza sovranazionale della Cedu. La Consulta, con la sentenza 376/2000, ha bocciato la norma che garantiva solo alla madre, di un figlio entro i sei mesi, la possibilità di non essere espulsa, estendendo la tutela anche al marito e padre del bimbo.
Per i giudici delle leggi, consentendo l’espulsione del marito convivente, si mette la donna straniera che si trova nel territorio dello Stato in una alternativa drammatica tra il seguire il marito espulso all’estero e l’affrontare il parto e i primi mesi di vita del figlio senza il sostegno del coniuge. E questo proprio nel momento in cui si va formando quel nuovo più ampio nucleo familiare che la legge, in forza degli articoli 29 e 30 della Costituzione, deve tutelare. Una dichiarazione di incostituzionalità fondata sull’esigenza di tutela del nucleo familiare in formazione «ove il diritto-dovere dei genitori, sposati e conviventi – si legge nella sentenza – all’esercizio della genitorialità in modo condiviso e paritario costituisce l’irradiazione del diritto del figlio alla cura da parte di entrambi i genitori».
La protezione dell’unità familiare
Il principio della protezione dell’unità familiare, senza distinzione tra cittadini e stranieri, sottolinea la Cassazione, non è affermato solo dalla Carta, ma anche dalle convenzioni e dalla giurisprudenza sovranazionale. Né alla luce dell’evoluzione della legislazione e del diritto, interno e non, è più possibile un trattamento diverso per i figli nati fuori dal matrimonio.
«In effetti, guardando alla posizione del minore e al rapporto di quest’ultimo con ciascuno dei genitori, poco rileva – scrive la Cassazione – se il padre è o no sposato con la madre, in quanto, come quest’ultima, è tenuto a svolgere le attività di assistenza e di cura del figlio. Anche guardando alla posizione del genitore e al rapporto di quest’ultimo con il figlio, poco rileva se un genitore è o no sposato con l’altro genitore, essendo comunque portatore del diritto-dovere di assolvere ai compiti derivanti dal fatto di essere genitore».
Fonte: Il Sole 24 Ore