
Successioni con beni all’estero: le tasse francesi e il caso Armani
La convenzione Italia-Francia
In materia di imposta di successione, l’Italia ha stipulato poche convenzioni contro la doppia imposizione e cioè con Stati Uniti, Svezia, Regno Unito, Danimarca, Grecia, Israele e Francia. Quest’ultima (ratificata con legge 708/1994) è senz’altro la più nota, per frequenza di utilizzo: in essa, peraltro, nulla si aggiunge rispetto a quanto si applicherebbe in sua assenza, in quanto, sia con riguardo agli immobili (articolo 5) sia con riguardo alle quote di partecipazioni in società (articolo 8), viene sancito che questi beni sono tassati nello Stato in cui sono situati.
In particolare, per “situare” una società, si fa riferimento al suo «domicilio» e, quindi, alla sua sede legale. La convenzione, infine, ribadisce (articolo 11) che, nello Stato ove era residente il de cuius, si detrae l’imposta pagata nell’altro Stato in relazione a beni situati in quest’ultimo Stato.
Le differenze tra i due Paesi
In Italia le aliquote dell’imposta di successione sono tre: in sintesi, il 4% per le successioni in linea retta (con franchigia esente di 1 milione di euro), il 6% per le successioni tra fratelli (con franchigia di 100mila euro) e l’8% per le successioni tra persone non legate da parentela.
In Francia, le aliquote applicabili variano in base alla parentela e sono sensibilmente più elevate:
1) in linea retta, le aliquote progressive vanno dal 5% al 45%, dopo una franchigia generale di 100mila euro per ciascun erede;
Fonte: Il Sole 24 Ore