Succhi di frutta e conserve, industria in allarme per forniture a rischio e prezzi record

Succhi di frutta e conserve, industria in allarme per forniture a rischio e prezzi record

Produzione e rese in calo e prezzi in ascesa mettono in allarme l’industria di trasformazione dell’ortofrutta, che produce succhi e conserve con un fatturato estero di oltre 1,5 miliardi in crescita dell’11,3% nel 2024. Un primato del Made in Italy a rischio, in un circolo vizioso che parte dal mondo produttivo a monte della filiera, che si confronta con costi in continua crescita, normative sempre più stringenti sull’uso dei fitofarmaci a fronte delle nuove malattie che flagellano il settore favorite anche dalla crisi climatica, che nel frattempo sta mettendo a dura prova la tenuta di molte produzioni. Così, in prospettiva, anche le forniture, seppur a costi sempre più alti, non sono più garantite. Per ora l’unica soluzione di fronte agli “insetti alieni” portati da globalizzazione e crisi climatica sono le coperture dei frutteti che si osservano girando per le campagne italiane.

Nonostante un calo dei volumi prodotti, il valore economico complessivo del comparto dei prodotti vegetali (confetture, conserve di frutta e affini, prodotti ortofrutticoli di IV gamma, succhi e nettari di frutta e ortaggi, conserve vegetali) è cresciuto lo scorso anno dello 0,8%, passando da 4,78 a 4,82 miliardi, grazie a una dinamica che riflette una trasformazione del mercato con consumi più moderati ma a maggiore valore aggiunto.

Nel settore l’incidenza del costo della materia prima arriva al 70%, un dato elevato che nel tempo ha portato a una sempre maggiore efficienza della fase di trasformazione. I rincari a monte oggi toccano tutti i comparti, ma specialmente l’ortofrutta. Ciliegie, amarene e prodotti simili sono quasi introvabili, con prezzi alle stelle, quelli delle albicocche sono raddoppiati e anche le pesche, solitamente associate a surplus e offerte, quest’anno costano di più.

«C’è un problema strutturale di fondo, tra burocrazia e emergenze fitosanitarie, che è accentuato dalla crisi climatica – spiega Matthias Gasser, presidente del gruppo conserve vegetali di Unione italiana food e vicepresidente di Profel, l’associazione dei trasformatori Ue –. Con gli orientamenti dell’ultima Pac siamo entrati in un vicolo cieco, gli obiettivi ambientali sono condivisibili ma non tengono conto della situazione congiunturale e della crisi climatica. C’è una politica tesa a aumentare i consumi perché sono prodotti salutari ma se si riduce la produzione è un problema. A quello immediato dei prezzi poi si aggiunge la difficoltà di reperire la manodopera. Il cambiamento climatico, i limiti ai fitofarmaci e l’aumento dei costi stanno scoraggiando la produzione. Le gelate che quest’anno hanno colpito le produzioni anche nell’Est Europa e in Turchia ci sono sempre state, ma mai in misura così forte e in combinazione con una situazione di mercato già in equilibrio precario. Il cambiamento climatico comporta inverni più miti che lasciano insetti e infestanti sulle piante, mentre i fitofarmaci costano sempre di più, sono sempre più difficili da reperire o sono vietati da Bruxelles. Un problema trasversale anche nei casi virtuosi come le mele».

Fonte: Il Sole 24 Ore