Suicidi in carcere, Antigone: 30 da inizio anno, il 2024 rischia di superare il tragico record del 2022

Dopo il 2022, l’anno da record con 85 suicidi accertati, il 2023 e il 2024 – emerge da un dossier di Antigone – continuano a registrare numeri impressionanti. Nel 2023 sono state almeno 70 le persone che si sono tolte la vita all’interno di un istituto di pena. Nei primi mesi del 2024, almeno 30. “Almeno” – sottolinea l’associazione – perché numerosi sono i decessi con cause ancora da accertare, tra i quali potrebbero quindi celarsi altri casi di suicido. Seppur in calo rispetto all’anno precedente, i 70 suicidi del 2023 rappresentano un numero elevato rispetto al passato. Il più elevato dopo quello del 2022. Guardando agli ultimi trent’anni, solo una volta si è andati vicini a questa cifra con 69 suicidi nel 2001.

In carcere la presenza di un diffuso disagio psichico rimane una delle problematiche più spesso segnalata all’Osservatorio di Antigone: il 12% delle persone detenute (quasi 6.000 persone) ha una diagnosi psichiatrica grave. L’uso massiccio di psicofarmaci rimane lo strumento principale con cui in carcere viene “gestita” la salute mentale: il 20% persone detenute (oltre 15 mila) fanno regolarmente uso di stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi, cioè di quella tipologia di psicofarmaci che possono avere importanti effetti collaterali; il 40% (30 mila persone) fa uso di sedativi o ipnotici. Nel 2023, Antigone ha registrato 122 Trattamenti sanitari obbligatori (TSO) effettuati in carcere. L’associazione ricorda che si tratta di una pratica illegale se svolta all’interno delle sezioni detentive senza ricoverare la persona in un ospedale (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura – SPDC), come richiesto dalla legge.

Il XX Rapporto sulle condizioni di detenzione

L’associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” ha presentato lunedì 22 aprile, il XX Rapporto sulle condizioni di detenzione. Come nelle edizioni precedenti, anche quest’anno il documento pone l’accento sui tanti problemi che caratterizzano il sistema detentivo in Italia. Il primo, e non è una novità, è il tasso di affollamento “record”: al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Cresce il tasso di affollamento ufficiale, che raggiunge a livello nazionale il 119,3%. I tassi di affollamento più alti a livello regionale si continuano a registrare in Puglia (152,1%), in Lombardia (143,9%) e in Veneto (134,4%). Considerando i reparti provvisoriamente chiusi il tasso di affollamento medio nazionale sale al 125,6%, in Puglia al 160,1%, in Lombardia al 151,4% e in Veneto al 141,5%. A fine marzo i singoli istituti più affollati erano Brescia Canton Monbello (209,3%), Lodi (200%), Foggia (195,6%), Taranto (184,8%), Roma Regina Coeli (181,8%), Varese (179,2%), Udine (179%), mentre complessivamente gli istituti che avevano un tasso di affollamento superiore al 150% erano ormai 39, sparsi in tutta Italia, ed insieme ospitavano 14.313 persone.

La crescita media dei detenuti: 331 persone al mese

Continua la crescita delle presenze, e nell’ultimo anno in maniera ancora più decisa. Dalla fine del 2019 alla fine del 2020, a causa delle misure deflattive adottate durante la pandemia, le presenze in carcere erano calate di 7.405 unità. Ma sono subito tornate a crescere. Prima lentamente, con un aumento delle presenze di 770 unità nel 2021, a cui però è poi seguita una crescita di 2.062 nel 2022 e addirittura di 3.970 nel 2023. Nell’ultimo anno dunque la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese, un tasso di crescita allarmante, che se dovesse venire confermato anche nel 2024 ci porterebbe oltre le 65.000 presenze entro la fine dell’anno. Secondo Antigone, dietro questa tendenza si nascondono: la maggiore lunghezza delle pene comminate, la minore predisposizione dei magistrati di sorveglianza a concedere misure alternative alla detenzione o liberazione anticipata e l’introduzione di nuove norme penali e pratiche di Polizia che portano a un aumento degli ingressi.

Antigone: il governo Meloni ha introdotto una decina di nuovi reati

La stagione dei nuovi reati e degli innalzamenti di pena, ricostruisce l’associazione, è iniziata con il “decreto rave”, è proseguita con il decreto Caivano, poi con il Ddl Sicurezza, quest’ultimo ancora al vaglio del Parlamento, con cui si punisce: la detenzione di materiale con finalità di terrorismo (da 2 a 6 anni), l’occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui (da 2 a 7 anni), si modifica l’articolo 600-octies del Codice Penale inserendo l’induzione e costrizione all’accattonaggio (pena da 2 a 6 anni), si modifica di nuovo l’articolo 583-quater del Codice penale per punire chi provoca lesioni personali a un ufficiale o a un agente di polizia giudiziaria (da 2 a 5 anni) e si introduce il reato di rivolta in istituto penitenziario (da 2 a 8 anni).

Fonte: Il Sole 24 Ore