Sulle imprese la sfida della conoscenza
Tra i nodi evidenziati, a maggior ragione in una fase in cui il turnover all’interno delle aziende è in crescita, vi è la perdita delle competenze “core” alla luce dell’invecchiamento delle maestranze, know how che rischia di essere disperso a fronte dell’uscita di personale in posizioni chiave. Tema ritenuto critico in particolare in alcuni settori come beni durevoli (80%) o in generale beni industriali (65%). Produzione e ricerca sono considerati gli ambiti più esposti e la reazione delle aziende è visibile, ad esempio attraverso la sistematizzazione delle conoscenze o la collaborazione con personale in pensione, mentre l’utilizzo di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale è ancora del tutto residuale.
«La consapevolezza che questo know how sia importante è crescente – spiega Zavanella – anche se nei radar delle aziende non c’è ancora l’utilizzo di tecnologie abilitanti in chiave sistematica, un approccio che potrebbe facilitare di molto l’attività e renderla più sicura».
Evoluzione che deve riguardare anche i processi organizzativi, che affrontano oggi un contesto nuovo, ad esempio dovendo gestire lo smart working, spesso confermato con una media del 75% rispetto al periodo del Covid:
«E’ una delle prime domande che vengono poste all’atto dell’assunzione – ma ciò che si nota nelle risposte è che in termini di processi e procedure nelle aziende non sia cambiato molto, l’adattamento al nuovo modo di lavorare è stato solo parziale, anche in questo caso credo siano necessari dei passi avanti».
Erraticità della domanda, complessità interna delle operations e aspettative più elevate verso il servizio clienti sembrano tratti comuni all’interno del campione. Da questo punto di vista le azioni promosse si focalizzano per lo più sui processi di pianificazione e sullo snellimento e velocizzazione dei processi interni, trascurando invece altri generatori di complessità come struttura interna del prodotto o la varietà di offerta.
Fonte: Il Sole 24 Ore