
Super lavoro, bullismo e violenze: anche in Italia per medici e infermieri depressione e il pensiero del suicidio
«I risultati dell’indagine MeND ci ricordano che i sistemi sanitari europei sono forti solo quanto le persone che li alimentano – è il commento di Hans Henri Kluge, direttore regionale dell’Oms per l’Europa -. Un medico e infermiere su 3 riferisce depressione o ansia e più di 1 su 10 ha pensato di porre fine alla propria vita o di farsi del male. Questo è un onere inaccettabile per coloro che si prendono cura di noi. Non deve essere così».
Il caso Italia
In Italia il malessere si traduce in intenzioni di lasciare la professione superiori in media a quelle espresse nell’Europa a 27: riguardano rispettivamente il 9,7% dei medici (rispetto a una media del 9,1%) e ben il 16,7% degli infermieri, superiore di oltre un punto percentuale al 15,4% europeo. Istanze di “mollare” che derivano anche da una condizione di benessere complessivo inferiore o uguale alla media europea, già bassa: su una scala da zero a 100, i nostri infermieri si fermano a 48 (la media Ue27 è 50) mentre i dottori nostrani si sovrappongono con un 51% alla media Ue27. Ma di cosa soffrono i nostri sanitari quando si guarda alla salute mentale? I medici per lo più di ansia (25%) e depressione (25%) e per un 14% di pensieri suicidari, mentre gli infermieri stanno peggio: per il 34% denunciano depressione (la media Ue27 è al 32%), per il 26% ansia (media Ue 24%) e per il 14% di pensieri suicidari (media Ue 13%).
I «compiti» per i Governi
Non mancano le strategie possibili, da anni evidenziate anche da sindacati e società scientifiche italiani. Kluge le sintetizza così, inviando una lettera ideale agli Stati: «Possiamo intraprendere azioni concrete in questo momento, come imporre la tolleranza zero per la violenza e le molestie nei luoghi di lavoro sanitari; riformare i modelli di turni e gli straordinari per porre fine alla cultura del lavoro fino allo sfinimento; ridurre i carichi di lavoro eccessivi investendo in assunzioni più intelligenti e flussi di lavoro semplificati, anche sfruttando la potenza delle tecnologie digitali come l’intelligenza artificiale; e garantire che ogni operatore sanitario abbia accesso a un supporto per la salute mentale confidenziale e privo di stigma. Allo stesso tempo – avvisa – dobbiamo ritenere i leader sanitari responsabili della creazione di luoghi di lavoro sicuri e solidali. In definitiva, la crisi della salute mentale tra i nostri operatori sanitari è una crisi di sicurezza sanitaria, che minaccia l’integrità dei nostri sistemi sanitari».
La passione per il lavoro resta
Nonostante le cattive condizioni di salute mentale e di lavoro, 3 medici su 4 e 2 infermieri su 3 hanno espresso un forte senso di scopo e significato nel loro lavoro e sono per lo più soddisfatti del loro lavoro. Ciò suggerisce che gli operatori sanitari sono appassionati e motivati dal loro lavoro, ma hanno bisogno di un supporto su misura per svolgere il loro lavoro e prendersi cura dei loro pazienti in modo efficace.
Giovani già stressati
«Siamo fisicamente e mentalmente esausti, il che purtroppo a volte può portare a errori medici – testimonia nel Rapporto Mélanie Debarreix, specializzanda in radiologia dalla Francia -. Queste condizioni di lavoro hanno un enorme impatto sulla nostra salute mentale e sul nostro benessere. In Francia, tra gli studenti di medicina, il 66% ha sperimentato un episodio depressivo e il 21% ha avuto pensieri suicidi nell’ultimo anno, tre volte di più rispetto alla popolazione generale. Il modo per proteggere la nostra salute mentale e il nostro benessere dovrebbe includere innanzitutto l’applicazione rigorosa della legge in materia di orario di lavoro o di riposo obbligatorio dopo i turni di guardia, nonché lo stanziamento di risorse finanziarie sufficienti per consentirci di esercitare in linea con i nostri valori. Abbiamo scelto un percorso di umanità, ma questo non significa che smettiamo di essere umani noi stessi».
Fonte: Il Sole 24 Ore