
Terra Innovatum, sbarca sul Nasdaq il mini reattore italiano per i condomini
L’Unicorno italiano del nucleare sbarca sul Nasdaq. Oggi a Wall Street suonerà ufficialmente la campanella per Terra Innovatum, start up che promette micro reattori modulari da 1 MW entro la fine del decennio utilizzabili negli ambiti più disparati: condomini, ospedali, piccole industrie, data center, miniere e isole.
L’azione quota in realtà sul listino già da venerdì scorso e grazie al +34% già realizzato, ha superato la soglia di 1 miliardo di dollari. Del resto, il contesto favorevole non manca: la febbre da AI e data center e le semplificazioni normative introdotte dall’amministrazione Usa hanno creato grande euforia attorno all’atomo, in particolare quello di nuova generazione. Basti pensare che la Oklo, lanciata da Sam Altman, in un anno è balzata di oltre il 1.300% per una capitalizzazione superiore a 35 miliardi. Il tema vero, anche per le start up europee, sarà passare dalla narrazione alla realtà. Uno scoglio su cui tante promesse e tante bolle si infrangeranno: per superarlo serviranno capitali, competenze e capacità di assembleare una supply chain industriale e, per molti progetti, ancora diversi anni.
Ecosistema tricolore
Terra Innovatum mette in campo un ecosistema tutto tricolore – è stata fondata ed è controllata da fisici e ingegneri italiani – e una tabella di marcia all’apparenza serrata, anche se – come insegna l’esperienza di altri progetti potenzialmente innovativi – le incognite sono sempre dietro l’angolo. Massimo Morichi, Chief Strategy Office e fisico con un passato illustre nel nucleare francese, sottolinea come il progetto del reattore “Solo” è stato terminato nel 2024 e inviato quest’anno alla Us Nuclear Regulatory Commission per l’approvazione. Altre società, come la stessa Oklo, dopo alcune difficoltà hanno invece preferito virare sul canale preferenziale lanciato dal dipartimento dell’energia Usa, e sponsorizzato da Trump, per velocizzare gli iter del nuovo nucleare.
Tempi brevi
Morichi stima di ricevere l’ok dell’Autorità entro il 2027: tempi brevi dettati anche dal fatto che si tratta di un micro reattore, classificabile come «di ricerca». In quel momento farà partire la costruzione vera e propria per arrivare al cosiddetto “first of a kind”, e in parallelo l’iter per il licensing del sito, comunque già individuato a Rock City, nell’Illinois, dove vengono tenuti tutti gli archivi nazionali di Stato (con cui c’è un’intesa per realizzare 50 unità da 1 MW ciascuna). Entro la fine del decennio o anche prima, osserva Morichi, potrebbe così vedere la luce il primo reattore commerciale: «La sua realizzazione costerà 70 milioni e sarà tutta a spese nostre». Sarebbe dunque sufficiente la dote di 130 milioni di dollari ricevuta dalla fusione con una Spac grazie a cui Terra Innovatum (che ha sede in Italia) è sbarcata a Wall Street. Il riassetto ha valutato la società 475 milioni di dollari e ha visto l’ingresso di nuovi investitori, tra cui alcuni finanzieri ed ex banchieri americani.
Il progetto, sintetizza Morichi, può essere realizzato rapidamente, anche perché il combustibile – altro tema spinoso del nuovo nucleare – è di fatto quello “classico”, ovvero uranio a basso arricchimento, e la componentistica «tutta qualificata», a fronte di un livello di sicurezza «infinito visto che il reattore è come una batteria ed è raffreddato a gas (elio) anziché acqua». Insomma, un misto tra terza generazione avanzata e quarta che «non ha bisogno di infrastrutture di rete» perché si posiziona dove serve e nella quantità che serve. Il costo? Per ogni reattore da 1 MW sono 17,5 milioni: calcolando 45 anni di vita, secondo il fisico, il costo dell’energia sarebbe 70 dollari al MW, un livello che – se le promesse saranno mantenute – sarebbe iper competitivo.
Fonte: Il Sole 24 Ore