Terreni confiscati alle mafie, si amplia il fronte contro la privatizzazione voluta dal Governo

Terreni confiscati alle mafie, si amplia il fronte contro la privatizzazione voluta dal Governo

Un accordo dai fini nobili che rischia di essere l’ennesimo boomerang nella lotta alle mafie. È quello stipulato – senza troppe grancasse – il 1° luglio tra il ministero dell’Interno, quello all’Agricoltura e l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, grazie al quale verranno messi a disposizione di giovani imprenditori agricoli 1.400 terreni su una dotazione complessiva di oltre novemila fondi confiscati.

Ismea – l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare – curerà la concessione, dietro la corresponsione di un canone agevolato. I proventi confluiranno nel bilancio del ministero dell’Agricoltura e verranno impiegati per l’acquisto di beni alimentari a favore degli indigenti. L’accordo prevede, inoltre, che gli imprenditori agricoli realizzino, nei terreni assegnati, iniziative di carattere sociale o didattico-divulgativo, rivolte a persone con disabilità e a lavoratori extracomunitari in regola con il permesso di soggiorno, nell’ambito di progetti finalizzati all’inserimento lavorativo.

Nessun entusiasmo

Nessuno finora – a parte i presenti alla stipula dell’accordo – ha gridato alla svolta. Libera e Confcooperative hanno levato in alto gli scudi, Legacoop ha approvato l’intesa invitando ad approfondimenti ma, qual che appare certo, è che la patata bollente è tornata immediatamente nelle mani del Governo, grazie ad una interrogazione parlamentare presentata alla premier Giorgia Meloni. E proprio da quest’ultima – presentata poche ore fa dall’intero gruppo Pd in Commissione antimafia – riavvolgiamo il nastro. Primo firmatario dell’interrogazione, il senatore Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo del Pd.

Interrogazione alla Premier

L’accusa – in sostanza – è che l’accordo apra la strada alla privatizzazione nella gestione dei beni confiscati, allontanandosi dall’idea di riuso sociale del bene come principale strumento della lotta alle mafie, stabilito dalla legge Rognoni-La Torre e mettendo all’angolo il lavoro fin qui svolto dal terzo settore. «Nessuna delle imprese coinvolte, da quanto si legge nella comunicazione ufficiale dell’Agenzia, verrà sottoposta a un codice etico sulle norme per la contrattazione collettiva e contro il subappalto, sul rispetto di vincoli per coltivazioni non intensive, sul rispetto delle norme a tutela dell’ambiente e dell’ecologia locale. Per questo chiediamo alla Premier di intervenire per annullare il protocollo alla luce di vari profili di illegittimità», concludono i firmatari dell’interrogazione.

La presa di posizione – che ufficialmente chiede anche a Meloni se fosse a conoscenza di questo protocollo – stride con quanto dichiarato dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: «Questo accordo testimonia lo straordinario lavoro messo in campo dal Governo per restituire alla collettività i patrimoni illeciti confiscati alla criminalità organizzata e al contempo valorizzare tali beni in modo che possano rappresentare anche importanti opportunità di crescita per il territorio».

Fonte: Il Sole 24 Ore