
Terrorismo, condanna anche se uno dei fondatori della cellula governa la Siria
Non può essere rivista la condanna di chi ha partecipato del sodalizio “Al Nusra”, emanazione siriana di Al Qaeda, anche se uno dei fondatori dell’organizzazione terroristica combattente, è attualmente il presidente della Siria Ahmad Al Shara. Né conta che “Al Nusra”, oggi è la principale componente di “Hayat Tahir al Sham (HTS)” e del nuovo governo di Damasco, dopo la deposizione di Assad. La Cassazione ha così bollato come inammissibile il ricorso di Mustafa Chadad, classe ’73, che chiedeva di rivedere la decisione con la quale la Corte di assise di Cagliari – sezione distaccata di Sassari – lo ha condannato a cinque anni e sei mesi sei di reclusione, per il reato di associazione con finalità di terrorismo ed eversione e per la violazioni delle norme in materia bancaria e creditizia.
L’operazione anti-terrorismo
Chadad era stato arrestato a Olbia nel 2018, insieme ad un cittadino marocchino e ad un altro siriano, nell’ambito di un’indagine antiterrorismo di Polizia, Guardia di Finanza e Digos che aveva interessato Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Agli uomini arrestati in Gallura erano stati contestati i reati di associazione con finalità di terrorismo, finanziamento del terrorismo e intermediazione finanziaria abusiva. Il fatto nuovo a supporto della richiesta di revisione della condanna stava nel mutamento delle condizioni politiche in Siria. Ahmad Al Shara, uno dei fondatori di “Al Nusra” ha assunto il ruolo di presidente pro tempore. Per questo l’organizzazione, della quale ha fatto parte Chadad non poteva più considerarsi terroristica, ma andava inquadrata tra le associazioni che facevano legittima opposizione al deposto governo tirannico di Assad. Per la difesa, il riconoscimento internazionale del nuovo governo, anche da parte dell’Italia, doveva aver l’effetto di passare un colpo di spugna su un reato da considerare abolito. Questo anche perché la sentenza di condanna teneva conto dell’inserimento di “Al Nusra” nella black list delle organizzazioni terroristiche.
Non contano gli obiettivi politici
Ma la tesi sostenuta nel ricorso non passa. La Suprema corte ricorda, infatti, che la condanna non è basata solo sulla iscrizione di “Al Nusra” nella black list, e che è irrilevante la natura di delitto politico del terrorismo, perché ciò che conta «è la finalità terroristica più che l’orientamento ideologico».
Per i giudici non c’è alcun fatto nuovo rispetto a quanto accertato dalla Corte di merito. L’organizzazione, composta da gruppuscoli indicati con nomi differenti, a seconda della zona in cui operavano in Siria, nella quale militavano jihadisti salafisti, «animati dalla volontà di creare una nazione governata dalla sharia, nella quale tutti i seguaci di religioni diverse da quella sunnita dovevano essere sterminati e le donne dovevano essere sottomesse». Senza successo la difesa cerca di convincere la Suprema corte che le azioni di Chadad erano tese a democratizzare la Siria con l’avvento di un nuovo regime. Il fine era dunque esclusivamente politico e non terroristic0. La nuova prova starebbe anche nell’elemento psicologico: la convinzione del condannato di perseguire la finalità legittimità di abbattere un governo tirannico per farne insediare uno legittimo, peraltro riconosciuto da diversi governi europei tra i quali quello italiano.
Le azioni violente
Per la Suprema corte però la prova invocata a fondamento di revisione non è utile a raggiungere lo scopo.
Fonte: Il Sole 24 Ore