
Tessile, moda, pelle e calzature: in Toscana 100mila addetti in Cig
A Biella, terra di filature e lanifici con centinaia di anni di storia, i capannoni abbandonati non sono una novità: la provincia piemontese, poco meno di 170mila abitanti, ha visto scendere i 25mila addetti del tessile di fine Novecento ai circa 15 mila attuali.
Nel distretto di Santa Croce sull’Arno (Pisa), invece, dove la nutrita comunità senegalese è impiegata principalmente nell’industria conciaria, stanno cominciando a chiudere attività. «Tornano in Senegal – spiega Marcello Familiari, segretario generale Femca-Cisl della Toscana – perché le concerie, che in quell’area impiegano circa 11mila addetti, hanno subìto un calo importante della produzione, con rischi di ricaduta sociale».
La filatura e la concia della pelle vale 100 miliardi di euro
La filatura e la concia della pelle sono quello che nella moda viene indicato come “monte della filiera”, dal quale parte una catena di produzione manifatturiera con 60mila aziende e 600mila addetti che ogni anno genera, in valore, circa 100 miliardi di euro, di cui 25 miliardi di surplus della bilancia commerciale. Il potente rimbalzo dei consumi post Covid è affondato, però, in una flessione degli acquisti nel mondo e soprattutto (per il lusso) in Cina: la crisi ha determinato un drastico calo dei volumi di acquisto che dal valle corre alla monte della filiera. E viceversa.
Tessili e conciatori sono al lavoro sui campionari per la primavera 2026, ma la forza della crisi è tale che «molte aziende non hanno ordini programmati – spiega Moreno Vignolini, imprenditore tessile con la Ritorcitura Vignolini di Prato e presidente dei Tessili di Confartigianato – e questo ci fa immaginare che la situazione non migliorerà nel 2025.
Dalla fine del 2023 le imprese della moda hanno cominciato a fare richiesta e uso di ammortizzatori che, soprattutto per i piccoli, sono finiti: la cassa in deroga introdotta dal Dl 160/24 verrà ampiamente utilizzata, ma non basterà».
Fonte: Il Sole 24 Ore