The Armory Show vendite di arte a sei cifre

The Armory Show vendite di arte a sei cifre

Si è chiusa con oltre 50 mila visitatori la 30° edizione di The Armory Show (dal 6 all’8 settembre al Javits Center) che ha segnato alcuni passaggi importanti nella storia della fiera d’arte contemporanea. È stata la prima edizione sotto la guida della nuova direttrice, Kyla McMillan, nominata all’inizio del mese di giugno, e un anno intero – l’acquisto e avvenuto nell’estate del 2023 – all’interno del marchio Frieze di proprietà del gruppo Endeavor che, negli Usa, ha acquisito anche l’Expo di Chicago. Solo il tempo potrà rivelare l’impatto di questi cambiamenti della fiera d’arte più longeva di New York che da sempre attrae visitatori dalle regioni più importanti degli Stati Uniti e del Nord America. Tuttavia quello che preoccupa sono due aspetti del mercato dell’arte, ovvero siamo un momento in cui le persone stanno riconsiderando le fiere e al contempo il calendario degli appuntamenti autunnali con il mercato dell’arte è sempre più fitto che portano i collezionisti, nell’attuale situazione di rallentamento, a fare delle scelte più ponderate. Frieze Seoul si è svolta in concomitanza con la fiera americana, poi si torna nel Vecchio continente con Frieze London (anch’essa di proprietà di Endeavor) e Art Basel Paris a poche settimane di distanza.

All’Armory hanno partecipato circa a 235 gallerie, di cui 55 per la prima volta, provenienti da 30 Paesi e come nelle scorse edizioni, non ha partecipato nessuna delle gallerie “mega”: David Zwirner, Gagosian, Hauser & Wirth e Pace Gallery. Nonostante il richiamo globale per The Armory è ancora molto forte il legame con New York anche se sta cercando di attirare nuovi collezionisti d’arte da Philadelphia, Baltimora e Washington, oltre ad affidare ad alcuni storici curatori locali l’organizzazione delle varie sezioni.

Le sezioni

Tra questi Eugenie Tsai, a lungo senior curator di arte contemporanea al Brooklyn Museum, ha proposto nella sezione Platform ‘Collective Memory’ 12 installazioni che avevano l’obiettivo di ripensare le narrazioni della storia dell’arte. Tra le sculture, la gigantesca opera in tessuto di Joana Vasconcelos, ornata di luci LED e uncinetto fatto a mano, realizzata inizialmente per stimolare la conversazione tra l’alta moda e l’artigianato domestico spesso associato alle donne. Altra opera «The Landing», un’insegna al neon rotante ci informa che “tutti noi attraversiamo l’acqua” insieme a sculture in ceramica intrecciate. Realizzata dall’artista Anina Major, nata alle Bahamas e residente negli Stati Uniti, che ha imparato la tecnica dell’intreccio da sua nonna, venditrice di paglia al mercato, l’opera ha vinto il premio Pommery 2024 del valore di 25 mila dollari. Tra gli altri artisti presenti nella sezione vi era Nari Ward, Sanford Biggers, Karon Davis e Nicholas Galanin.

Robyn Farrell, curatore senior di The Kitchen, ha organizzato la sezione Focus, che rende omaggio allo ‘spirito sperimentale’ o di ricerca della fiera inaugurale del 1994, ma anche al primo ‘Armory Show’ del 1913 (chiamato International Exhibition of Modern Art), in cui l’arte europea d’avanguardia sconvolse e stupì il pubblico americano.

Lauren Cornell, curatrice capo del Center for Curatorial Studies del Bard College, ha curato il programma delle conferenze ’Curatorial Leadership Summit. Summit’, alle quali hanno partecipato artisti come Isaac Julien, una delle star della recente Biennale del Whitney, presente con una video-installazione in bianco e nero nello stand di Victoria Miro (la gallerista ha venduto cinque delle sei edizioni dell’opera «Once Again… Statues Never Die», 2022 per una cifra compresa tra 350.000 e i 450.000 dollari).

Fonte: Il Sole 24 Ore