
“The Secret Agent”, un film da premio sulla dittatura brasiliana
Al centro della trama c’è George Fahmy, uno dei più celebri attori del cinema egiziano. Quando subisce forti pressioni per recitare in un film commissionato dal governo, finisce per accettare e si troverà coinvolto in una serie di intrighi e tradimenti di non facile gestione.
Se le basi della narrazione sono simili ai due lungometraggi precedenti, in questo caso però è il mondo del cinema il grande protagonista, attraverso un ragionamento che parla di propaganda, nazionalismo, liste nere, ma anche di come la Settima arte possa essere una chiave per contrastare il potere politico e lanciare messaggi particolarmente urgenti.
Saleh gioca in maniera brillante su questo territorio, optando per diversi passaggi farseschi e vicini alle logiche della commedia nera che si dimostrano funzionali alla narrazione, mentre risultano più macchinosi le fasi conclusive, dove si fa un po’ fatica a tirare le fila di un lungometraggio che finisce peggio di come è iniziato.
Nell’insieme, però, è un lavoro significativo che, nonostante qualche passaggio altalenante, conferma la buona resa complessiva dell’intera trilogia: un trittico, sicuramente non memorabile, ma capace di lasciare spunti di riflessione importanti e firmato da un autore che sa il fatto suo.
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Fonte: Il Sole 24 Ore