“The Smashing Machine”, ottimo Dwayne Johnson in un riuscito dramma sportivo

“The Smashing Machine”, ottimo Dwayne Johnson in un riuscito dramma sportivo

Un biopic sportivo è protagonista del weekend in sala: si tratta di “The Smashing Machine”, film incentrato su alcuni anni nella vita di Mark Kerr, leggenda delle arti marziali miste e dell’Ultimate Fighting Championship, e prima prova in solitaria dietro la macchina da presa per Benny Safdie, dopo i tanti film realizzati insieme al fratello Josh (tra cui va ricordato, in particolare, l’ottimo “Diamanti grezzi”).

Il film si apre alla fine degli anni Novanta, quando l’UFC (Ultimate Fighting Championship), era ancora un’arena selvaggia e spietata e Kerr dominava il ring con una potenza fuori dal comune. Ma dietro la corazza dell’atleta invincibile si nasconde un uomo fragile, tormentato da paure profonde, dipendenze e dal bisogno disperato di dimostrare il proprio valore. Accanto a lui c’è Dawn, la donna che ama ma che fatica a comprendere, trascinata in un vortice di tensioni, sacrifici e autodistruzione.

Mentre la fama cresce, Mark vede sgretolarsi tutto ciò che ha costruito

Se la vicenda di partenza può ricordare altri grandi film del passato – come “Toro scatenato” di Martin Scorsese o “The Wrestler” di Darren Aronofsky – “The Smashing Machine” ha comunque una sua identità forte, che va al di là dei classici percorsi di ascesa e caduta a cui siamo abituati in film sportivi di questo tipo.

Quello che interessa a Safdie è soprattutto raccontare il lato intimo del personaggio, le sue fragilità interiori, il rapporto complicato con la compagna, l’amicizia con un suo collega: quest’ultimo aspetto è tra quelli meglio indagati in una sceneggiatura che parla molto di relazioni umane e che usa il ring come una metafora della vita stessa.

Fonte: Il Sole 24 Ore