Tirolo austriaco da esplorare salendo fino a Eriro

Tirolo austriaco da esplorare salendo fino a Eriro

Ehrwalder, Tirolo austriaco. Si prende la funivia insieme a sciatori e camminatori, a seconda della stagione, e arrivati in cima, ancora cinque minuti a piedi e si raggiunge lo chalet in legno che si vede in lontananza incorniciato da prati e pinete. Sulla soglia, si digita il numero 1550, come l’altitudine a cui ci si trova, e si apre la porta. Prima cosa, togliersi le scarpe. Chi vuole può girare per l’hotel a piedi nudi o con le calze (un paio sono in dotazione). Anche a cena. L’intenzione è di predisporre gli ospiti all’informalità, a liberarsi di qualche sovrastruttura, dove si può. Compreso il dilemma di cosa fare e non fare. Nella tariffa della stanza è incluso tutto, dal trasferimento ai pasti alle esperienze. Eriro è un progetto ambizioso nato dall’idea di alcuni amici: le famiglie Posch e Spielmann, proprietarie di altri alberghi, e il falegname Andreas Mader. Ognuno di loro ha messo a disposizione le proprie competenze contribuendo a creare un luogo speciale, possiamo azzardare unico. Insieme hanno acquistato un rifugio che hanno demolito, riutilizzando però ogni singola asse di legno per costruire il nuovo hotel. Il 90% dell’edificio è costruito in legno e il 95% di questo legno proviene dalla foresta in cui si trova. Tutto è fatto a mano, persino il taglio delle vecchie travi, con materiali naturali tirolesi. Dalla struttura fino agli arredi, comprese le sedie scolpite nei ceppi.

Pace e disconnessione

Nelle nove camere non c’è nulla di più di quel che serve. Un letto, un tavolo, un giradischi e relativo amplificatore, le erbe per farsi la tisana prima di andare a dormire, grandi finestre che incorniciano la montagna Tajakopf, prati immensi e pinete fitte, e un terrazzo per respirare l’aria purissima. Sulle pareti, una moquette di lana di pecora ovatta l’atmosfera. E così è in ogni ambiente, dove il design segue prima la funzione poi l’estro. L’ispirazione è la cultura tirolese, nella sua versione più sostenibile, una sintesi di tutto quello che si trova nel raggio di pochi chilometri. È uno sforzo enorme, ma mai una forzatura. Perché dietro c’è un pensiero armonioso: provare a praticare un modello di turismo autentico contemporaneo, offrire agli ospiti l’ambiente ideale per prendere le distanze da ciò che li disturba, cambiando abitudini, panorama e, forse, pensiero. Vuoi togliere il wifi, lo togli, vuoi restare connesso, non devi cercare la rete disperatamente a mo’ di rabdomante. Ma la tv, quella non c’è né in camera né negli spazi comuni; però c’è la musica con una playlist delicata e sorprendente nelle scelte, unica nota esotica. L’idea è che dentro quel piccolo mondo incantato, dovrebbero essere disponibili tutti gli strumenti per mettere in pratica il benessere a cui tutti un po’ aspiriamo.

Dalla ristorazione al benessere tutto all’insegna della sostenibilità

Dello staff fanno parte una maestra di yoga, anche se è un po’ riduttivo definire così l’energica Tatiana, che fa le asana ballando e cullando neonati immaginari, e due guide naturalistiche che accompagnano a esplorare la catena della Zugspitze e ad avvistare stambecchi e rapaci come in un safari. Questi monti bellissimi coperti di pini e di fiori, offrono di tutto. Sono una farmacia e un negozio di alimentari sconfinati e liberi. Le erbe si imparano e poi si raccolgono, come fa lo chef, giovane, curiosissimo da quando è bambino di tutto ciò che è commestibile e con il sogno, un giorno, di cucinare solo sul fuoco, come il re del grill Francis Mallmann, che è il suo eroe. Per il momento lo fa una volta alla settimana: un intero menù arrostito sulla fiamma viva, costine di maiale, asparagi, carotine… Negli altri giorni servono la cacciagione, le conserve fermentate e sciroppate (dallo chef ovviamente), le insalatine di campo croccanti, gli spatzle al formaggio, lo strudel di mele. Dobbiamo scrivere che tutto arriva da produttori locali? Diamolo per scontato! Un altro capitolo è la spa. Ispirata al principio dell’Ochi kema (tornare al proprio io interiore), anch’essa è proporzionata alle dimensioni del progetto e alle sue aspirazioni olistiche. In uno spazio intimo, ognuno può scegliere il suo percorso, tra la piscina di meditazione a 36 gradi, l’onsen e la piscina panoramica, e il rilassamento nelle sauna con aghi di abete rosso, dondolandosi abbracciati da un’amaca o sdraiati su una comoda chaise longue circondati da balle di fieno profumato. Un attimo di pace impagabile, un momento di lucidità per capire che quel distaccamento è il modo più sano per riconnettersi alla propria vita, togliendo la stanchezza che, senza nemmeno accorgercene, è un accumulo di luci abbaglianti, inquinamento, rumore. Qui il frastuono si placa. E dopo la chiusura degli impianti, quando escursionisti e sciatori sono tornati a valle, si sperimenta il silenzio e la solitudine veri, la cura più efficace.

Fonte: Il Sole 24 Ore