Tra Pnrr e coesione 25 miliardi: ma il governo userà le riprogrammazioni già avviate

Tra Pnrr e coesione 25 miliardi: ma il governo userà le riprogrammazioni già avviate

La rimodulazione del Pnrr su cui il governo è al lavoro da settimane entra in pieno nella partita delle potenziali contromisure ai dazi americani. Lo fa per inevitabili ragioni di calendario e per il fatto che dai fondi europei di Next Generation Eu e dalla Coesione passano le uniche leve azionabili dal governo per costruire un’impalcatura di sostegno ai settori più colpiti. In gioco, come ha spiegato ieri la premier Giorgia Meloni incontrando le categorie produttive, ci possono essere fino a 25 miliardi, divisi tra i 14 recuperabili dal Pnrr e gli 11 dalla Coesione.

Attenzione, però non si tratta di nuove politiche elaborate sul momento per riconoscere aiuti pubblici alle aziende esportatrici, ma dell’adattamento in corsa di un lavoro di un riassetto del Pnrr reso inevitabile dai ritardi attuativi che mettono a rischio una quota dei fondi comunitari. È il caso prima di tutto di Transizione 5.0, fermo sinora a prenotazioni per 664 milioni su 6,23 miliardi: l’idea già ampiamente maturata prima dell’emergenza dazi (si veda Il Sole 24 Ore del 7 marzo) è quella di convogliare una quota consistente – tra 3,5 e 4 miliardi – non su sussidi o contributi a fondo perduto ma su contratti di sviluppo che finanzino gli investimenti in filiere produttive considerate strategiche.

È chiaro da settimane, dunque, che queste risorse rimarranno alle imprese e il reindirizzamento verso il mondo produttivo «per sostenere l’occupazione e aumentare l’efficienza della produttività», per usare le parole della premier, potrebbe coinvolgere anche altri filoni in affanno, all’interno di una trattativa che deve entrare nel vivo prima di tutto in Italia, con gli altri soggetti attuatori. Quella con la Commissione, ha confermato ieri il ministro per il Pnrr Tommaso Foti, «era già in corso e andrà avanti».

A questi tavoli, per strappare flessibilità, l’esecutivo conta di presentarsi forte della «rinnovata credibilità italiana» riflessa nella conferma arrivata da Fitch del rating BBB con outlook positivo, rivendicata dalla premier insieme al primato in Europa nel numero di milestone e target Pnrr raggiunti e nel debito riavvicinatosi ai livelli pre-pandemici in tempi molto più rapidi rispetto alle previsioni di pochi anni fa. Un risanamento, ha aggiunto Meloni, ribadito con il Bilancio 2025 «che conferma l’impegno del governo verso le norme fiscali dell’Unione»: impegno che sarà replicato oggi nel nuovo Def atteso in Consiglio dei ministri in cui la crescita dimezzata (+0,6%) rispetto agli obiettivi d’autunno non metterà a rischio i livelli concordati di deficit e debito anche grazie alla corsa delle entrate fiscali (si veda pagina 10). Nel confronto con la Commissione l’esecutivo ha intenzione pure di tornare a proporre un nuovo quadro temporaneo sugli aiuti di Stato per ampliare i margini operativi di intervento come avvenuto in pandemia.

Fonte: Il Sole 24 Ore