Trasferte di lavoro, ecco perché alle aziende serve una pianificazione

In tutto questo continuiamo ad assistere ad approcci diversificati delle aziende, i cui estremi sono, ovviamente, staticità e dinamicità. Le parole chiave, in ambito di ripresa (che però non dobbiamo assolutamente pensare sia come prima, tanto è vero che tutto il comparto parla di “new normal”), risultano quindi essere “flessibilità”, perché il mercato è comunque più dinamico di noi, e “sicurezza”, perché ci si muove all’interno di normative in continuo cambiamento, con differenze sostanziali tra Paese e Paese.

Purtroppo, troppi segnali che ci vengono dal mondo industriale vanno nella direzione opposta; le procedure interne di trasferta, già tendenzialmente complicate in Italia, nella migliore delle ipotesi non sono state cambiate, mentre nella peggiore sono state ulteriormente complicate, specialmente per quanto riguarda le logiche di autorizzazione, e quindi, di fatto allungandone i tempi, a discapito della rapidità d’azione.

Paesi più evoluti del nostro sotto questo punto di vista, hanno invece “appiattito” quanto più possibile le procedure, nella logica di andare incontro alla dinamicità operativa e tariffaria del mercato. Come? Ovviamente analizzando i loro modelli di consumo storici ed andando ad analizzare e circoscrivere le trasferte lavorative che non erano strettamente necessarie. È implicito il concetto che una componente del turnover viaggi delle aziende non fosse strettamente necessaria; e questa è la prima delle leve per intervenire su tali trasferte, concentrandosi invece su quelle a supporto del core-business aziendale.

Tale attività diventa, in sede di ripresa dei viaggi, ancora più importante; saper discernere che cosa ha voluto dire per un’azienda l’effetto Covid (ovvero la chiusura forzata di ogni attività), dall’effetto smart working (che sintetizziamo nel lavorare dal proprio domicilio limitando spostamenti e viaggi a quanto strettamente necessario e non ovviabile in alcun modo), può sia costituire un effettivo supporto nella definizione dei budget di viaggio (altra attività presente in modo estremamente marginale nel panorama delle aziende italiane, fatte salve poche e sparute eccezioni) che nella presa di coscienza di viaggi inutili fatti in passato.

Una corretta definizione del budget delle trasferte è un esercizio estremamente complesso, che partendo dai propri dati storici, deve necessariamente incrociarli con il business plan aziendale e con i dati, le logiche e, più in generale, l’offerta del mercato (sia tecnica che tariffaria che operativa). Ricordiamo che dati relativi a caratteristiche e tendenze di mercato (che in questo caso devono necessariamente andare oltre il “semplice” modello di consumo storico aziendale, per prendere in esame un perimetro molto più ampio) sono difficilmente accessibili alle aziende e spesso anche alle agenzie di viaggio; la scelta di chi deve supportare l’azienda in tale attività è di conseguenza fondamentale per la buona riuscita dell’esercizio.

Fonte: Il Sole 24 Ore